Dopo due anni di pandemia, fermo produttivo e grande crisi, i curatori tornano con un volume decisamente più pop, dedicato a chi non conosce il settore
Parola d’ordine: “alleggerirsi”, dal peso di due anni di pandemia, dalla chiusura dei locali, dal fermo produttivo, dalle filiere in crisi, dai consumi in calo, dai prezzi delle materie prime in aumento, da tutto quello che per troppo tempo ci ha tolto il gusto di bere una buona birra senza pensare ai sacrifici che sono stati necessari per metterla in una bottiglia e farla arrivare sul bancone di un pub aperto. Questa è stata la linea che ha guidato Eugenio Signoroni e Luca Giaccone, i due curatori dell’ottava edizione della Guida alle Birre d’Italia targata Slow Food, alleggerire, ma mantenendo la barra dritta su dei punti cardinali fondamentali che in questi otto anni hanno guidato la navigazione della redazione braidese, nel mare della produzione brassicola artigianale. Cardini riassumibili nella massima petriniana del “buono, pulito e giusto”, mai triade concettuale fu più azzeccata.
l risultato è una guida più “user friendly”, abusando di americanismi che faranno infuriare il buon Carlin, ma che riassumono pienamente le intensioni dei due curatori: “Abbiamo introdotto le modifiche più “pop” della guida, che forse faranno storcere il naso a qualcuno – spiegano Signoroni e Giaccone – ma che riteniamo possano invece essere utilissime a chi la birra artigianale non la conosce e le si avvicina per la prima volta con curiosità e timidezza. Poi abbiamo ragionato su quale idea di birra ci piace, e siamo sempre più sicuri che a convincerci siano quei birrifici che scelgono il proprio percorso e quali etichette produrre senza guardare troppo all’ultima tendenza di grido.
Quelli che, invece di mettere sul mercato una birra nuova ogni quarto d’ora, lavorano sulla stabilità, la precisione, l’identità dei prodotti. Questo non significa rinunciare a essere contemporanei, ma provare a esserlo senza perdere di vista il carattere”. Una scelta condivisibile e intelligente, che punta a ridurre la distanza che sempre si crea tra prodotto “di nicchia” e consumatore, distanza spesso colmata dalle industrie. Vengono ampliate le “liste tematiche” molto utili per il lettore alle prime armi: “Le Chiocciole” ovvero i birrifici che incarnano al 100% il pensiero slofoodiano e lo applicano nel quotidiano, “Le Eccellenze” ovvero i birrifici lustro in Italia e nel mondo della produzione brassicola nazionale, e poi ancora le birre “da spiaggia”, “da lasciare in cantina”, “per le occasioni speciali”, “ per gli amanti del luppolo”, e così via.
La vera novità di quest’anno è il sidro: per la prima volta compare in Guida questo fermentato a base di mele (e altra frutta variabile), segno dei tempi, già maturi, che vedono molti produttori in Italia cimentarsi con questo succo alcolico che, insieme all’idromele (a base di acqua e miele), contende alla birra di primato di bevanda fermentata più antica del mondo. Una sezione ad hoc a fine volume presenta le aziende “eccellenze” nel campo, con un a grande rappresentanza del Norditalia, Trentino in testa, con interessanti bandierine anche al sud, Puglia compresa.
I numeri della nuova edizione. L’esaustiva e capillare istantanea del mondo brassicolo italiano rappresentata dalla Guida alle Birre d’Italia 2023 fotografa 456 birrifici, dei quali 38 segnalati con il riconoscimento della Chiocciola e 80 con l’Eccellenza, e 2346 birre, raccontate da una squadra di assaggiatori su tutto il territorio nazionale. Le etichette premiate sono 651. Completa il volume una lista di 700 locali tra beer shop, pub, osterie dove bere e acquistare birre artigianale. Buona lettura e buona degustazione! Fonte: la Repubblica, IL GUSTO, Stefano Pesce, 12.06.2022