76 villaggi remoti nell’Amazzonia peruviana sono stati inviati a partecipare a questo nuovo programma di monitoraggio
(REUTERS/ Mariana Bazo)
Secondo un nuovo studio, condotto dall’Università del Michigan, le innovazioni tecnologiche possono aiutare le comunità indigene a frenare in modo significativo la deforestazione. E infatti gli indigeni che vivono nell’Amazzonia peruviana sono stati dotati di dispositivi satellitari per la conservazione di dati e nuovi smartphone. E a quanto pare, nel primo anno del progetto, sono stati in grado di ridurre della metà le perdite di alberi.
Oltre un terzo della foresta pluviale amazzonica si trova all’interno di un territorio abitato da circa 3mila comunità indigene riconosciute. Ma per decenni, queste aree sono state attaccate da gruppi stranieri determinati a tagliare alberi per una serie di scopi tra cui l’estrazione mineraria, il disboscamento e la semina di colture illecite come le piante di coca utilizzate per produrre cocaina.
Negli ultimi 40 anni, alcuni governi e molti movimenti ambientalisti hanno investito molto nell’uso della tecnologia satellitare per monitorare la rimozione degli alberi. I governi di Brasile, Perù e Colombia hanno messo in atto un sistema di avvisi di deforestazione ad alta risoluzione, ma ci sono poche prove che queste informazioni raggiungano le comunità indigene più colpite. Per questo motivo, la nuova ricerca si è posta l’obiettivo di capire se mettendo le informazioni direttamente nelle mani delle comunità locali si può fare la differenza.
Gli autori hanno identificato 76 villaggi remoti nell’Amazzonia peruviana e li hanno inviati a partecipare a questo nuovo programma di monitoraggio. Altre 37 comunità hanno fatto da gruppo di controllo, continuando a usare le pratiche di gestione forestale esistenti.
Tre membri di ciascuna comunità selezionata sono stati formati all’uso della tecnologia (una particolare applicazione per smartphone che crea una mappatura dell’area) e a come effettuare pattugliamenti per verificare la deforestazione.
Mensilmente, i membri della comunità hanno ricevuto avvisi sulla deforestazione direttamente dalla piattaforma satellitare nazionale Geobosques. In sostanza, quando le informazioni provenienti dal satellite hanno mostrato una sospetta attività di deforestazione in un’area, sono state scattate foto ad alta definizione e sono state registrate le coordinate GPS del luogo. Il tutto è stato caricato su chiavette USB, poi trasportate lungo il Rio delle Amazzoni e consegnate dai corrieri alle comunità locali. Le informazioni sono state quindi scaricate e visualizzate sulle app per smartphone fornite agli indigeni. Le stesse informazioni hanno poi guidato i “guardiani” verso le posizioni sospette.
Quando questi hanno confermavano una attività di deforestazione non autorizzata, lo hanno riferito a un’assemblea generale dei membri della comunità per decidere l’approccio migliore. Nei casi in cui sono coinvolti spacciatori, la comunità può decidere di segnalare il problema alle forze dell’ordine. Se l’attività è percepita come meno rischiosa, invece, i membri della comunità possono intervenire direttamente e cacciare i trasgressori dalla loro terra.
Quando i ricercatori hanno esaminato l’impatto del nuovo approccio, hanno scoperto che la deforestazione in quelle aree è diminuita del 52% nel primo anno e del 21% nel secondo.
«È un impatto piuttosto considerevole», ha detto Jacob Kopas, ricercatore indipendente e autore del documento. «In media, le comunità coinvolte nello studio sono riuscite a evitare 8,8 ettari di deforestazione nel primo anno».
I gruppi indigeni hanno accolto con favore la ricerca: «Lo studio fornisce la prova che supportare le nostre comunità con la tecnologia e la formazione può aiutare a ridurre la deforestazione nei nostri territori», ha detto Jorge Perez Rubio, presidente dell’organizzazione indigena regionale di Loreto, dove è stata condotta la ricerca.
La portata del problema della deforestazione nelle aree indigene è significativa. Tra il 2000 e il 2015, circa il 17% della perdita di alberi in Amazzonia si è verificata su aree protette a livello nazionale o assegnate alle popolazioni indigene. «Nel prossimo decennio, se non cambierà nulla, si prevede che le popolazioni indigene del bacino amazzonico perderanno 4,4 milioni di ettari di foresta pluviale, principalmente a causa di estranei che invadono i loro territori per abbattere alberi», ha detto Cameron Ellis, della Rainforest Foundation US, che ha contribuito allo studio. «Ma se la metodologia di monitoraggio forestale basata sulla comunità potesse essere ampiamente adottata e la governance locale rafforzata, la perdita di foreste in Amazzonia potrebbe essere ridotta fino al 20% in tutte le terre indigene. E se l’approccio fosse mirato alle regioni con alti tassi di deforestazione, la perdita di foreste in quelle aree potrebbe essere ridotta di oltre tre quarti». fonte: Il Sole 24 Ore, Biagio Simonetta, 21.09.2021