Rating Foodinsider: aumentano menu processati e squilibrati e uso di carni rosse. Fano, Cremona e Parma i Comuni più virtuosi
Allarme mense scolastiche italiane, cresce il “fast food” e calano le pratiche sostenibili
Fano e Cremona e Parma (a pari merito) sul podio, seguite da Jesi, Rimini, Trento, Sesto Fiorentino, Perugia, Ancona e Bologna: questa la top 10 delle migliori mense scolastiche italiane secondo Foodinsider, che il 16 giugno, in collaborazione con Slow Food Italia, ha presentato, alla Camera dei Deputati, l’edizione n. 6 del rating dei menu scolastici per promuovere quei modelli di mensa che non hanno l’obiettivo di saziare, ma di nutrire, educare, creare sviluppo economico e sociale nel rispetto dell’ambiente, privilegiando la biodiversità dei piatti, l’equilibrio della dieta, la capacità di elaborare ricette e la qualità delle materie prime, in gran parte biologiche, ma anche per la varietà di pesce.
I dati che emergono dall’indagine non sono per niente incoraggianti. Aumentano i menu che offrono cibi processati e ultraprocessati (81,5%, era il 75,5% lo scorso anno) così come la frequenza di carni rosse, con Terni che detiene il record di 10 proposte su 20 giorni di mensa. Le mense diventano sempre più una collezione di piatti veloci che hanno l’obiettivo di saziare, come pasta in bianco, pizza, bastoncini, hamburger, crocchette, formaggio spalmabile yogurt e budino e rappresentano sempre meno la vera mensa scolastica che ha insito l’onere di educare, oltre che nutrire. Si continuano a trovare menu squilibrati con pasti iperproteici dati dalla somma di più proteine, vegetali e animali, come pasta e fagioli, frittata e piselli (Grosseto) oppure pasta e ceci, rollè di tacchino e piselli prosciuttati (Lecce) che propongono un pasto che va ben oltre il valore nutrizionale consigliato per bambini.
Diminuiscono inoltre le mense che somministrano il pasto con stoviglie lavabili, scendendo dal 65% al 59%. Un dato peggiorativo che significa tanto usa e getta sia in refettorio che in classe, soluzione che non va nella direzione della sostenibilità come indicato invece dal Ministero dell’Ambiente con i Cam che richiedono di somministrare il pasto con stoviglie in ceramica. Sono poche poi le mense che di fronte ad una dilagante povertà alimentare, che colpisce più di un bambino su 10, hanno utilizzato il servizio di ristorazione scolastica per far fronte in maniera strutturale alla fragilità delle famiglie: Belluno e Latina hanno dirottato la cucina della mensa scolastica per produrre piatti per la mensa dei poveri, mentre Cremona e Bergamo hanno risposto ampliando il numero di gratuità e bonus per consentire l’accesso a tutti al servizio mensa.
Le restrizioni dovute al Covid hanno, infine, impedito ai genitori di controllare direttamente la situazione. Solo il 7,9% del campione ha dichiarato di aver potuto fare ispezioni con regolarità, il 17% solo poche ispezioni, e il 75,1% non è stato autorizzato ad entrare a scuola per adempiere all’attività ispettiva.
“Si allarga la forbice tra la mensa resiliente, che nonostante le difficoltà organizzative dovute al consumo del pasto in classe, ha investito per migliorare o mantenere alto lo standard qualitativo del servizio – dichiara la presidente Foodinsider, Claudia Paltrinieri – rispetto a quelle mense dove il servizio è equiparabile ad una sorta di “fast food a scuola”, dove si è approfittato nel cogliere alla lettera l’indicazione di questa estate del Cts di “semplificazione” del pasto, arrivando persino a sospendere la somministrazione dell’acqua”.
Tornando alla classifica, che ha preso in considerazione 54 menu scolastici italiani rappresentativi del 28% circa del panorama della ristorazione scolastica a livello nazionale, da segnalare la discesa di Macerata, che ha iniziato a chiudere in via sperimentale alcune cucine interne alle scuole, suscitando grande disappunto dei genitori, mentre Siracusa sale di 12 posizioni riscattandosi dalla maglia nera dello scorso anno, che spetta adesso a Novara. In quest’anno scolastico alcune mense non sono mai partite, altre hanno lavorato pochissimi giorni e altre hanno ridotto il numero di pasti perché sono stati riformulati gli orari e diminuiti i rientri.
Dalla presentazione del rating, a cui hanno preso parte la vicepresidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, Rossella Muroni, l’onorevole Alessandro Fusacchia di “Facciamo Eco” e la delegata per le mense scolastiche di Slow Food e vice presidente Foodinsider Francesca Rocchi, è emersa la necessità, per una mensa scolastica buona, sana e sostenibile, di sviluppare competenze e una cultura del buon cibo legata anche alla salute dell’ambiente. Le istituzioni, da parte loro, possono giocare un ruolo fondamentale se si sviluppa un sistema premiante capace di sostenere quei Comuni che hanno cuochi competenti e cucine, offrono opportunità di impiego, promuovono il consumo di prodotti biologici, e, attraverso la mensa, sostengono lo sviluppo sostenibile del territorio e intervengono in maniera sistematica a supporto delle famiglie vulnerabili. Fonte: WineNews, 16.06.2021
Mense scolastiche: più cibi ultra processati e carni rosse e meno legumi e verdure. Nell’ultimo anno una preoccupante involuzione secondo il 6° rating Foodinsider realizzato in collaborazione con Slow Food Italia
Nel piatto – che sempre più sovente è usa e getta – di bambini e ragazzi che mangiano nelle mense scolastiche aumentano i cibi ultra processati e le carni rosse, mentre diminuisce la proposta di legumi e verdure. È quanto emerge dal 6° rating dei menù scolastici, presentato in conferenza stampa a Montecitorio da Foodinsider in collaborazione con Slow Food Italia. Il report sull’anno scolastico appena concluso contiene risultati preoccupanti e sembra dimostrare come, troppo spesso, i refettori scolastici vengano intesi come un luogo dove alimentarsi più che nutrirsi.
«Nell’ultimo anno abbiamo assistito a un’evidente involuzione della mensa scolastica» spiega Claudia Paltrinieri, presidente dell’associazione Foodinsider. Tre le criticità riscontrate: ricette poco appetibili, cibi troppo processati e porzioni ridotte.
In un anno segnato dalla pandemia di Covid-19, anche l’alimentazione scolastica ha risentito pesantemente della nuova normalità a cui siamo stati costretti dall’emergenza sanitaria: la costruzione dei menù ha spesso seguito una logica di semplificazione, fatta di ricette standardizzate, poco elaborate e rapide da preparare. Privilegiati, quindi, piatti come la pasta in bianco, il riso all’olio o la pizza, preparazioni dallo scarso apporto nutritivo e, spesso, insoddisfacenti al palato: più della metà degli insegnanti interpellati ha giudicato insufficiente la qualità del cibo.
Sebbene le porzioni risultino ridotte rispetto agli anni precedenti (lo sostiene la metà dei docenti coinvolti), a mangiare tutto ciò che viene proposto nel piatto è appena il 17,9% degli alunni: ogni giorno, insomma, viene sprecata un’enorme quantità di cibo.
«La nota più dolente riguarda i cibi processati – prosegue Paltrinieri – e i funzionari che si occupano di alcune mense scolastiche non sembrano neppure saperli riconoscere». Si tratta, in effetti, di alimenti che visivamente assomigliano a preparazioni tradizionali, ma che in realtà non lo sono, e che anzi «possono rappresentare un fattore di rischio di obesità infantile»: sono hamburger, crocchette, bastoncini di pesce, tanto per citarne qualcuno. Proprio il pesce, prosegue la presidente di Foodinsider, è la «cartina tornasole delle mense: surgelati e tonno rappresentano la scelta più comune, sintomo di disimpegno nella preparazione dei menù». E poi ci sono le verdure, spesso presentate male e servite in quantitativi ridotti.
«Nonostante la generale semplificazione nei piatti, ci sono stati casi di amministrazioni comunali attente alle esigenze degli alunni, capaci di proporre piatti elaborati» spiega Paltrinieri. Accade a Fano, Cremona e Parma, le tre migliori città stando alla classifica stilata per l’occasione, che si sono distinte per la biodiversità dei piatti, per l’equilibrio della dieta, la capacità di elaborare ricette e la qualità delle materie prime, in gran parte biologiche. Oppure a Jesi, dove spesso viene proposto anche il pesce fresco dell’Adriatico: alici, cefalo, triglia, gallinella, sgombro, sugarello e molo, in base al pescato del giorno. Oppure ancora a Sesto Fiorentino, dove a preparare i pasti è la società pubblica Qualità e Servizi, che nelle scorse settimane è entrata a far parte dell’Alleanza Slow Food dei cuochi.
L’ingresso della ristorazione collettiva nell’Alleanza Slow Food dei cuochi, da questo punto di vista, vuole rappresentare uno stimolo per ripensare a un settore oggi troppo spesso bistrattato: mangiare nelle mense scolastiche non significa soltanto saziare l’appetito, ma dev’essere un momento educativo e di insegnamento.
«I bambini crescono attraverso il cibo che gli viene proposto – sostiene Francesca Rocchi, delegata di Slow Food Italia sul tema mense -. Il report di Foodinsider è parte di un’attività di monitoraggio civico nella quale sono impegnate molte associazioni, tra cui Slow Food: c’è bisogno di coinvolgere tanti interlocutori affinché nasca un dibattito aperto anche in Parlamento».
«La refezione scolastica è un importante strumento di politica sociale, economica ed ambientale – commentano i deputati di FacciamoECO Alessandro Fusacchia e Rossella Muroni -. Per questo è importante avere mense che servono pasti di qualità e provare a migliorare il servizio con un confronto tra tutti i soggetti coinvolti, dal ministero alle aziende passando per Regioni e Comuni, che si ispiri alle eccellenze e approdi possibilmente ad una piena attuazione delle linee guida per la refezione scolastica. In questo processo il Rating dei menu scolastici di Foodinsider e Slow Food è uno strumento molto utile proprio perché individua i casi migliori. Per andare nella giusta direzione sulla questione mense ed educazione alimentare – concludono Muroni e Fusacchia – FacciamoECO ha costruito una coalizione di organizzazioni ed elaborato il documento Nutrirsi a scuola, con proposte puntuali per fare del pasto a scuola un momento di formazione e di alimentazione sana, buona e sostenibile. Perché la transizione ecologica è anche qualità del cibo». fonte: Marco Gritti, m.gritti@slowfood.it – 17.06.2021