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Mar 23 2009

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LA CUCINA DEGLI AVANZI

Alla  serata di apertura del ‘Convivio a km zero’ era sottesa una vistosa provocazione: una sede prestigiosa  (Antico  Ristorante  del Moro, storico locale del centro città), uno chef di fama (Federico Coria, operatore ben noto in provincia ed oltre anche come docente e formatore) scelti per collocare una cena composta con gli…avanzi.
Non v’è dubbio che l’attesa sia stata densa di interrogativi, ancorché il menù elaborato dal Nostro potesse apparire stimolante.


Un’ accoglienza sobria e garbata ci introduce nella saletta dove è stata approntata una tavola ‘reale’ , la cordialità del patron  mette tutti a proprio agio e desiderosi di iniziare.
Unica concessione allo sconfinamento in quel della Serenissima: apre le danze una sarda in ‘saor’  fragrante e sapida, quasi dolce nonostante la marinatura in un aceto di media qualità deliberatamente scelto per simulare una qualsiasi situazione domestica. E’ adagiata su una gustosa polenta nostrana guarnita con sfogliatine della stessa. Data la costante presenza e disponibilità dello chef ai tavoli, parte la prima raffica di quesiti. Sorprende la delicatezza delle sarde che stride un poco con la acidità pungente della bagna del carpione, dovuto all’aceto di cui sopra. Segue il tortino elaborato per recuperare  un risotto alla milanese vero, preparato con l’ immancabile  midollo, è accompagnato da deliziose polpettine di carne la cui morbidezza suscita immediata domanda e puntuale spiegazione.
E’ il momento del piatto forte: capù e nosecc della tradizione, tradizione ampiamente rivista e declinata in una versione nobile. Addirittura soavi i primi con un ripieno rigorosamente di magro avvolto nelle erbette, squisiti  anche i secondi, con farcitura di carne e fagottino di verza, sono impreziositi da delicatissimi anelli di cipolla fritti che stupiscono per croccantezza e levità. Chicco non lesina  piccoli e grandi segreti della cucina e, anche di fronte a domande non poco insinuanti sulla gestione degli ‘avanzi’ nella cucina di un grande ristorante, non arretra ma risulta affabile, esauriente quanto convincente.
La piacevole e fitta conversazione è avviata alla conclusione da una torta di pane gradevolissima, molto apprezzata anche e soprattutto dai commensali non particolarmente attratti dai dolci. Sopraffino lo strudel ottenuto con una sfoglia ‘fillo’ finissima e tocchetti di mela saporitissimi e consistenti.
La cena è stata irrorata da un curioso Nerello Mascalese del Belice, vino  fosco, opaco, dai riflessi bluastri che confondeva le sue origini insulari con sentori  che ricordavano per certi aspetti addirittura un merlot.
Ci si è avvicinati ad una cucina di indubbio valore e ad una capacità di stupire anche con un menù ‘povero’, povero solo sulla carta,  una messe di stimoli per fare del recupero degli avanzi sia una pratica virtuosa che una sfida qualitativa.
Coccolati da un servizio inappuntabile, intrattenuti da uno chef che ha regalato una densa lezione di alta cucina si è preso commiato con un sincero arrivederci a presto… nel programma delle prossime stagioni.
(Lorenzo Berlendis)

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