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Ott 25 2008

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LE DEGUSTAZIONI DI AUTUNNO DEL SEMINARIO VARONELLI

 

 

 

I GRANDI CRUS DI BAROLO DI SERRALUNGA 2004

VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO 2005

LA GARNACHA TINTA (GRENACHE) IN ITALIA

GLI STRAORDINARI BAROLO DI SERRALUNGA 2004

La prima degustazione della stagione propone i grandi crus di Barolo di Serralunga. Una valle che parte dal basso dai crus di Fontanafredda, a quota 250 metri sul livello del mare, per arrivare in cima alla collina, superato l’abitato di Serralunga stessa, a m. 450-550 di quota.
Qui trovano sede i famosissimi crus di Barolo: La Rosa, Sorano Coste e Bricco, Bricco Cerretta, Prapo’ , Cerrati, Gabutti, Margherita, Broglio, Ornato, Falletto, Boscareto,Cascina Francia, e Arione.
Grabdi Barolo caratterizzati da terroir differenti,: Unità di Barolo del cru La Rosa, Unità di Castiglione Falletto per i crus Sorano, Coste, Cerretta e Prapo’ ; infine Unità di Serralunga per tutti gli altri di maggior altitudine.
L’annata 2004 non è stata una grandissima annata, ma, alla fine, ha dato grandi maturazioni e grandi prodotti. Dopo la grande siccità del 2003, l’inverno è stato piuttosto piovoso e lungo contribuendo così al recupero idrico delle viti. Un’estate non caldissima aveva fatto crescere le uve molto lentamente, ma l’autunno caldo e soleggiato, con piogge scarse ha consentito la perfetta maturazione delle uve.
I Soci Slow Food presenti, Bita Astori, Aurelio Manzoni e Silvio Magni hanno preferito i crus più alti: Cascina Francia, Falletto e Margheria

Il risultato delle degustazioni
Non si poteva iniziare meglio! Questo, in sintesi, il commento dei degustatori che ieri sera hanno affollato la nostra sala degustazione. Abbiamo voluto riprendere gli incontri del lunedì con un vino che sapesse destare curiosità ed attenzione da parte del pubblico; e difatti il Barolo non ci ha delusi. Abbiamo, però, voluto fare anche di più, perché non abbiamo preso dei campioni in ordine sparso, ma ci siamo concentrati sui Barolo prodotti nei grandi cru del comune di Serralunga d’Alba, quello che personalmente riteniamo il tempio del Barolo. Quattordici vini straordinariamente buoni che quest’anno la Guida Veronelli ha premiato, tutti quanti, con le Super Tre Stelle, cioè il massimo riconoscimento. Il 2004 è stata un’annata particolare, dall’andamento non regolare ma che ha dato risultati straordinari grazie ad una fine estate e inizio autunno asciutti e caldi; il nebbiolo è maturato lentamente, accumulando aromi e zucchero e raggiungendo una perfetta maturazione fenolica. I vini sono così risultati ricchi, consistenti ma ben equilibrati ed eleganti, di grande serbevolezza.
La degustazione ha preso avvio con i cru più a nord ed a bassa quota per inerpicarsi lentamente verso quelli più a sud ed a maggior quota altimetrica: abbiamo così iniziato con La Rosa (Fontanafredda) per proseguire con Sorano Coste e Bricco (Ascheri), poi Cerretta (Germano) e Bricco Cerretta (Schiavenza), Prapò (Ceretto), Cerrati (Cascina Cucco), Gabutti (Boasso), Margherìa (Massolino), Broglio (Palladino), Ornato (Pio Cesare), Falletto (Bruno Giacosa), Boscareto (Principiano), Cascina Francia (Giacomo Conterno) e Arione (Boglietti). Si è passati, quindi, dai Barolo più fruttati, succosi e generosi della media e bassa collina, per giungere ai più austeri, rigorosi ed elegantissimi Barolo dell’alta collina. Dai commenti e dagli sguardi radiosi del pubblico ci aspettavamo emergesse uno di questi ultimi, che in effetti hanno raccolto numerosissimi suffragi tra i degustatori, ma a sorpresa, dalle quote mediane della collina, è spuntato maturo, ampio e vagamente opulento il Barolo Bricco Rocche Prapò 2004 delle Aziende Ceretto che ha sbaragliato il campo: quieto e cheto si è insinuato sornione nell’animo del pubblico che lo ha premiato con garbata sicurezza.
Che straordinario vino, il Barolo!

(G.B.)

 

VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO 2005
Grande vino e di grande storia questo di Montepulciano, una delle prime sei Docg che siano state assegnate in Italia (cinque rosse ed una bianca: Barolo Barbaresco, Chianti, Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino rossi e Albana di Romagna bianco).
Importante definire che il disciplinare stabilisce non il Prugnolo Gentile (varietà di Sangiovese che nel tempo si è modificata in questo terroir e microclima diventando un vero e proprio biotipo) in “purezza” come tendono tutti a fare, ma in percentuale non inferiore all’85%, cioè diventado una melange con altri vitigni autoctoni a bacca rossa che possano completare, rispetto alla variabilità delle annate, il vino e renderlo massimamente testimone del suo territorio.
I preferiti dei Soci Slow Food:
Oliviero: Vino Nobile di Montepulciano Asinone di Poliziano, Vino Nobile di Montepulciano i Quadri di Bindella e Vino Nobile di Montepulciano Antica Chiusina della Fattoria del Cerro;
Carlo: Vino Nobile di Montepulciano Asinone di Poliziano, Vino Nobile di Montepulciano Poderi Boscarelli, Vino Nobile di Montepulciano Antica Chiusina della Fattoria del Cerro;
i due Alessandro: Vino Nobile di Montepulciano di Avignonesi, Vino Nobile di Montepulciano Antica Chiusina della Fattoria del Cerro, Vino Nobile di Montepulciano I Quadri di Bindella;
Bita: Vino Nobile di Montepulciano Asinone di Poliziano, Vino Nobile di Montepulciano I Quadri di Bindella,Vino Nobile di Montepulciano Poderi Boscarelli;
Silvio: Vino Nobile di Montepulciano Asinone di Poliziano, Vino Nobile di Montepulciano Antica Chiusina della Fattoria del Cerro, Vino Nobile di Montepulciano I Quadri di Bindella;

Il risultato delle deguasazioni
Si è parlato di Montepulciano e della sua antica tradizione vitivinicola che, documenti alla mano, risalirebbe all’anno 789, quando un chierico offrì in vendita alla Chiesa una vigna posta nel castello di Policiano; si è parlato di territorio, con i suoi suoli, esposizioni, altitudini, mesoclimi e microclimi, e di come questi fattori si combinino dando vita a innumerevoli terroir dai molteplici caratteri, attitudini e vocazioni; si è parlato di vitigni, di Sangiovese e di Prugnolo Gentile, di vitigni popolazione e di vitigni selezione, ma anche di Canaiolo, di Colorino e di tutte quelle varietà che possono dare un loro contributo, più o meno riconoscibile; si è parlato di viticoltura di territorio e di viticoltura di vitigno, che da quasi mille anni si sfidano in singolar tenzone senza vinti e vincitori, e di Pier de’ Crescenzi, che mai si sarebbe aspettato di diventare fulcro di un’interminabile contesa tutt’altro che accademica. Ma perlomeno ci siamo risparmiati le solite scemenze, tanto care a chi sa poco, delle botti grandi e delle piccole, del rovere di Allier e di Slavonia, di tradizione e innovazione, di purezza e castità.
Come sono i Vino Nobile di Montepulciano del 2005, figli di un’annata non particolarmente calda, luminosa e assolata? Buoni, fragranti, eleganti, serbevoli; ottimi compagni della tavola domestica, delle buone occasioni conviviali, delle quattro chiacchiere tra amici.
E i migliori assaggiati di ieri sera? Su tutti hanno preso il largo e sono rimasti appaiati il Vino Nobile di Montepulciano Antica Chiusina della Fattoria del Cerro e il ; un po’ più staccato ed attardato il Vino Nobile di Montepulciano I Quadri di Bindella, che si è portato appresso tutti gli altri ottimi vini.
Un meritato applauso per tutti.
(G.B.)

 

LA GARNACHA TINTA (GRENACHE) IN ITALIA

La Grenache è un vitigno che si è radicato in diversi territori. Non da problemi di coltivazione ed ha grande personalità e carattere riconoscibile. Nelle regioni del Nord (, Veneto Liguruia e Friuli) risulta un vino giocato più sulla frangranza e la freschezza, con colore rubino scarico e con profumi fruttati e le note balsamiche; nelle regioni più calde risulta un vino più carico di colore, di prfumi fruttati di ciliegia e marasca e note vegetali e di balsamico; in Sardegna prevalgono le note verdi e balsamiche, arricchite da note di mirto ed erbe mediterranee.
I preferiti dei soci Slow Food:
Bita Oliviero e Silvio hanno preferito Cannonau di Sardegna Riserva 'Inu 2005 dell'Azienda Vinicola Contini Attilio di Cabras, mentre i due Alessandro hanno preferito Miosogno Maremma Toscana Alicante 2006 di Capua Winery di Saturnia.

Il risultato delle degustazioni
Abbiamo percorso il viaggio che il Garnacha-Grenache avrebbe compiuto per giungere in alcune regioni italiane utilizzando elementi storici, quando disponibili, ma anche immaginando ragionevolmente alcune ipotesi, laddove i dati storici mancano o sono carenti.
Partito con il nome Garnacha Tinta (perché esiste anche un Garnacha Blanca) dalla Catalogna (Catalunya) e dall’Aragona (Aragòn), dove è ancora largamente coltivato e concorre a produrre i grandi vini del Penedés e del Priorat, giunse nel sud della Francia e si insediò nel Languedoc – Roussillon, in Provence e nella Valleé du Rhone con il nome di Grenache. Dalla Francia passò in Liguria, nel Savonese e soprattutto nella valle di Quiliano, e prese il nome di Granaccia. Con il nome Guarnaccia troviamo, poi, delle labili tracce a Ischia ed in Calabria, ma non è chiaro da dove sia arrivato. In Sardegna arrivò durante la dominazione degli aragonesi e prese il nome di Cannonao o Cannonau, anche se alcuni fantasiosi campanilisti sostengono il contrario. Dalla Sardegna al Vicentino, grazie agli stretti rapporti commerciali che le due regioni intrattenevano nel Settecento, per poi allargarsi a tutto il Veneto orientale fino al Friuli, dove ebbero la gran pensata di chiamarlo Tocai Rosso (meglio non chiedersi il motivo), per cui lo scorso anno è stato necessario decretare la sostituzione di Tocai (per le note controversie ungheresi) con Tai. Ma non è ancora finita, perché manca tutto il capitolo toscano; attorno al 1880 si diffuse nel Grossetano, ma con tutta probabilità non si trattò del proseguimento del viaggio che portò in Liguria la Granaccia, perché qui il vitigno prese il nome di Alicante, dalla città nella regione di Levante, ben più a sud della Catalogna, ove con lo stesso nome della città si produce un buon vino rosso a base di Garnacha Tinta. Per scoprire così che in Spagna si fa prima a dire dove non è coltivata la Garnacha Tinta che a elencare tutte le denominazioni che la prevedono.
Alla degustazione di ieri sera il vino preferito è stato il Cannonau di Sardegna Riserva ‘Inu 2005 dell’Azienda Contini Attilio, seguito da un esuberante Miosogno Maremma Toscana Alicante 2006 di Capua Winery, che a dispetto del nome è italianissima ed è di Saturnia, cioè di un luogo più famoso per l’acqua che per il vino. Ma come abbiamo visto la Garnacha è ambulante, vagabonda ed imprevedibile.
(G.B.)

 

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