Venerdi, mandato da Bra, Alberto (fotografo free lance) è arrivato puntualissimo a Valtorta. Il suo incarico era di realizzare un servizio fotografico per il nuovo Presidio, tutto bergamasco, l’Agrì di Valtorta. Si è guardato intorno e subito è rimasto colpito dalla semplicità, dalla serenità e dalla bellezza del piccolo paese. Scatti, scatti e ancora scatti su divertenti particolari: la fontana (rana? mosca?), il Leone di S. Marco affrescato su una casa e il cane Tris che aspetta immobile sui gradini della chiesa il suo padrone campanaro e…
Poi si entra nel vivo del lavoro: entriamo nello spaccio della Cooperativa accolti con gentilezza da Luca, un tuttofare incredibile che ci introduce nella casera. Il lavoro è già iniziato; da una parte si sta approntando la cagliata del Formai de Mut e dall’altra … il mitico Agrì. Su tutto sovrintende Primo (figlio di Abramo, storico e mitico casaro di Valtorta, fondatore della stessa Cooperativa) che si accinge (sotto l’obiettivo di Alberto che scatta, scatta, scatta) a mostrare tutta la sua maestria e sapienza nella lavorazione assolutamente unica e manuale dell’Agrì.
Prima impasta la cagliata, proprio come si impasta il pane, poi, con discrezione, una leggera salatura, poi continua l’impasto, e qui si arriva all’arte, con attenzione e manualità tipicamente slow crea i cilindretti, così unici dell’Agrì, tutti uguali di forma e di peso.
Da non credere, per scherzo li abbiamo pesati, tutti da 50-51 grammi l’uno.
Primo è un vero artista!
Gli facciamo dei grandi complimenti, che lui accetta schernendosi con timidezza, ma consapevole dell’incredibile lavoro che svolge ogni giorno.
Ecco, quello che ha più colpito sia noi che Alberto, è stata la semplicità dei modi, la gentilezza, l’orgoglio di svolgere un lavoro importante, ma non solo, anche l’orgoglio di vivere nel loro paesino di montagna e di amarlo profondamente; tanto da accompagnarci in un piccolo, delizioso, piccolo Museo. Luca ci fa aprire dalla custode, una gentilissima signora che lascia la preparazione del suo pranzo per accompagnarci. Una parentesi: la signora sembra uscita da un quadro del Lotto.
Ci siamo immersi in un mondo passato, quasi magico, zeppo di reperti incredibili, testimoni di una vita semplice ed attivissima: il calzolaio, il sarto, il falegname, il casaro, e poi il lettone, il cassettone, la culla in ferro e poi, fotografie, ritratti di persone del primi del ‘900. A questo punto Alberto è rimasto fulminato dalla bellezza e dalla maestria di tale Goglio fotografo. Non se ne sarebbe più allontanato.
Pensavamo a questo punto di aver terminato la nostra visita. No, Luca ha insistito per mostrarci il mulino ed il maglio ad acqua: capivamo la sua voglia di mostrarci qualcosa di speciale molto amato (ancora l’orgoglio dei propri luoghi). Dopo una piccola discesa per arrivare al fiume ci troviamo in un luogo da favola: due casettine in pietra con due ruote mosse dall’acqua deviata dal fiumicino; in una tutto è ancora lì per il fabbro, manca solo il fabbro; nell’altra un piccolo mulino, manca solo il mugnaio. Un vero incanto.
Roba da Biancaneve ed i sette nani.
Anche qui scatti scatti scatti: Alberto è irrefrenabile,
Ritorniamo sui nostri passi. Arriviamo di nuovo alla bottega, ci riforniamo di agrì, stracchino, formai de mut ed altre frivolezze.
Altre fotografie a Luca, Primo, Abramo e Silvano (il capo). Ci salutiamo con grandi sorrisi e reciproca simpatia.
Si parte, torniamo verso casa. Alt: tutti i salmi finiscono in gloria… e allora pranzo slow alla Taverna di Arlecchino.
Fine della cronaca di una giornata particolare.
(Bita)