Perché, secondo l’economista Loretta Napoleoni, un’agricoltura di qualità è indispensabile all’economia italiana del futuro
Crisi economica mondiale, sviluppo iperaccelerato dei Paesi Bric, bolle finanziarie: tutto questo mette a rischio i Paesi occidentali, quelli del cosiddetto “primo mondo”, come l’Italia. Lo si è visto in Irlanda e Islanda, le cui economie sono state, giocoforza, riconvertite all’agricoltura per ripagare i debiti di banche e industrie.
Loretta Napoleoni, economista e collaboratrice delle maggiori testate internazionali, afferma che una possibilità simile esiste anche per il nostro Paese. “Ma per Islanda e Irlanda il trauma è stato minore – dice – perché la loro industrializzazione era relativamente “giovane”. In Italia, invece, dove ormai da 50 anni abbiamo abbandonato la produzione agricola per il modello industriale, il passaggio sarebbe molto difficile”. Ciò che serve, allora, è una politica di “rieducazione agricola” delle piccole e medie imprese, seguendo il modello già individuato nella viticoltura, non a caso punta di diamante dell’agroalimentare made in Italy: un modello che si concentra sulla qualità, e non sulla quantità. Di qui il “claim” di Napoleoni, “Piccolo è bello”, che non indica affatto una produzione élitaria, di nicchia, bensì un’urgenza del nostro sistema produttivo in funzione dell’export. Perché è impensabile concorrere con Paesi come Argentina o Usa nella produzione, ad esempio, di grano da lanciare sui grandi mercati emergenti (Cina, India): l’Italia non ha gli spazi per colture di questo tipo. Dobbiamo puntare su una produzione “di boutique”, di altissima qualità e – al contempo – sulla diversificazione, che favorisce la concentrazione di risorse. Ma serve una politica nazionale che aiuti i piccoli produttori attraverso progetti statali e incentivi, e perché questo funzioni non si può prescindere dalla lotta alla contraffazione, al mercato nero e, quindi, all’evasione.
(da winenews)