“Elogio del mangiare con le mani” di Allan Bay
E pensare che in passato, usare le posate era considerata una stravaganza, e tante volte abbiamo ricordato, su WineNews, come nel Rinascimento fu l’italiana Caterina de’ Medici ad introdurre la forchetta alla corte di Francia, e da lì a diffonderne l’uso in Europa, mentre prima, per necessità, si mangiava con le mani o con il cucchiaio. Mai toccare gli alimenti con le mani sarà poi codificata come una delle prime regole del Galateo, e la prima regola da insegnare ai bambini. Ma come per tutte le regole, anche nel bon ton a tavola ci sono cibi che fanno eccezione e si possono mangiare con le mani, dal pane ai grissini, dai panini alla pizza, dalle costolette al pollo fritto, dai molluschi al riso, al cous cous, al sushi o i tacos nelle cucine etniche, per motivi che vanno ben oltre le buone maniere. E che sono i medesimi per cui sempre più la scienza sostiene che prendendo il cibo con le mani i più piccoli instaurano fin dalla prima infanzia un migliore rapporto con la tavola che durerà per tutta la vita. A celebrare questa usanza “antica e bella”, indagandone il passato, il presente e il futuro con giocosità e charme, è il giornalista, scrittore e critico enogastronomico Allan Bay, autore del volume “Elogio del mangiare con le mani”, in un racconto che diventa un’esortazione ad assaporare l’esistenza in modo più leggero e spontaneo, ad accarezzarla e maneggiarla, toccarla e soppesarla, per poi portarla alla bocca e goderne.
“Elogio del mangiare con le mani” di Allan Bay
Molti anni fa, quando eravamo solo semplici bipedi e cercavamo di sopravvivere tra bestie feroci e intemperie, noi umani godevamo di un grande privilegio: quello di riunirci intorno a un fuoco per mangiare quel poco che avevamo con le mani. Era una necessità, ma anche un modo più diretto, e in un certo senso più poetico, di affrontare la realtà. Oggi quell’antica gestualità sopravvive, minacciata tuttavia dall’avanzare delle forchette. Come gazze ladre, negli ultimi secoli ci siamo lasciati sedurre dal loro luccichio e abbiamo così sacrificato la bellezza del leccarci le dita per seguire il comandamento più brutale: “non sporcarti”.
Fino ad ora: Allan Bay, sempre convinto che ogni indagine gastronomica finisca per mescolarsi alla biografia, ci dimostra come in ogni fetta di pizza margherita o spiedino ricoperto di fonduta mongola, si annida la storia di un’amicizia, un incontro d’amore o il ricordo di una vacanza. E lo fa con un libro (Edizioni Il Saggiatore, marzo 2024, pp. 330, prezzo di copertina 18 euro) che è un viaggio storico e antropologico, un racconto fotografico e molto altro. Un’opera che ci permette di riscoprire il piacere di trasgredire, di sporcarci, di dire sì alla vita.