“I territori abbandonati diventano più fragili, e il dissesto è causa di calamità ed emergenze”. Uncem: parole decisive per una nuova politica
Il Papa richiama l’attenzione sui problemi delle aree interne
“I piccoli Comuni, soprattutto quelli che fanno parte delle cosiddette aree interne, e che sono la maggior parte, sono spesso trascurati e si trovano in condizione di marginalità. I cittadini che li abitano, una porzione significativa della popolazione, scontano divari importanti in termini di opportunità, e questo resta una fonte di disuguaglianza”: così Papa Francesco è intervenuto, nei giorni scorsi, sul tema dello spopolamento delle aree interne del nostro Paese, in occasione dell’udienza ai membri dell’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli enti locali. “Parole decisive per una nuova politica dei territori, che arrivano a pochi giorni dai preziosi interventi del Presidente Sergio Mattarella e del Cardinale Zuppi, sulle stesse urgenze”, secondo l’Uncem, Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani.
“Alla radice di questi divari – ha affermato il Pontefice – c’è il fatto che risulta troppo dispendioso offrire a questi territori la stessa dotazione di risorse delle altre aree del Paese. Vediamo qui un esempio concreto di cultura dello scarto: “tutto ciò che non serve al profitto viene scartato”. Si innesca così un giro vizioso: la mancanza di opportunità spinge spesso la parte più intraprendente della popolazione ad andarsene, e questo rende i territori marginali sempre meno interessanti, sempre più abbandonati a sé stessi. A restare sono soprattutto gli anziani e coloro che più faticano a trovare alternative. Di conseguenza, cresce in questi territori il bisogno di Stato sociale, mentre diminuiscono le risorse per darvi risposta”.
“C’è un altro aspetto di questa dinamica – ha proseguito il Papa – è nelle aree interne, marginali, che si trova la maggior parte del patrimonio naturale (foreste, aree protette, e così via): sono dunque di importanza strategica in termini ambientali. Ma lo spopolamento progressivo rende più difficile la cura del territorio, che da sempre gli abitanti di queste zone hanno portato avanti. I territori abbandonati diventano più fragili, e il loro dissesto diventa causa di calamità e di emergenze, specie oggi con gli eventi estremi sempre più frequenti: ad esempio piogge torrenziali, inondazioni, frane; siccità e incendi; tempeste di vento e così via. Guardando questi territori, abbiamo conferma del fatto che ascoltare il grido della Terra significa ascoltare il grido dei poveri e degli scartati, e viceversa: nella fragilità delle persone e dell’ambiente riconosciamo che tutto è connesso – tutto è connesso! -, che la ricerca di soluzioni richiede di leggere insieme fenomeni che spesso sono pensati come separati. Tutto è connesso”.
“Papa Francesco ci insegna a camminare insieme – afferma il presidente Uncem Marco Bussone – a non perdere reciproca fiducia e stima anche tra sindaci, a crescere nella logica del noi che prende il posto dell’io. Dobbiamo crederci anche come istituzioni. Più forti nell’unità che trasforma l’unione, la perfeziona e la migliora, la rende forte perché cresce con i rapporti e con le relazioni, riducendo disuguaglianze, favorendo dialogo, incontro, riorganizzazione dei servizi ai cittadini, corresponsabilità e stile sinodale che non vale solo per la Chiesa, come già ho detto più volte. Il cammino insieme tocca tutte le istituzioni che devono trasformarsi, riguarda anche l’impegno nel fare nuove leggi più adeguate a rispondere alle esigenze delle comunità delle aree interne e montane del Paese e dell’Europa, delle quali ha parlato Papa Francesco, che di cuore ringraziamo per il suo essere luce in mezzo a dubbi, sospensioni, difficoltà, solitudini. Da superare insieme, nell’insieme”.
Papa Francesco ha dichiarato: “c’è in gioco qualcosa di più grande che la qualità della vita e la cura dei territori da cui provenite, che pure meritano ogni sforzo. Da sempre, e anche oggi, sono le aree marginali quelle che possono convertirsi in laboratori di innovazione sociale, a partire da una prospettiva – quella dei margini – che consente di vedere i dinamismi della società in modo diverso, scoprendo opportunità dove altri vedono solo vincoli, o risorse in ciò che altri considerano scarti. Le pratiche sociali innovative, che riscoprono forme di mutualità e reciprocità e che riconfigurano il rapporto con l’ambiente nella chiave della cura – dalle nuove forme di agricoltura alle esperienze di welfare di comunità – chiedono di essere riconosciute e sostenute, per alimentare un paradigma alternativo a vantaggio di tutti. Pensando al vostro ambito di impegno, vorrei suggerirvi un filone tra i molti a cui prestare attenzione: quello della ricerca di nuovi rapporti tra pubblico e privato, in particolare il privato sociale, per superare impostazioni vecchie e sfruttare appieno le possibilità che oggi la legislazione prevede. La scarsità delle risorse nelle aree marginali rende più disponibili a collaborare per ciò che appare come un bene comune; nasce così l’opportunità di aprire dei cantieri di partecipazione, favorendo un rinnovamento della democrazia nel suo significato sostanziale. Un altro filone promettente è quello delle nuove tecnologie, in particolare il ricorso alle diverse forme di intelligenza artificiale. Stiamo scoprendo quanto possano rivelarsi potenti come strumenti di morte. Possiamo immaginare quanto benefica questa potenza potrebbe risultare se utilizzata non per la distruzione, ma nella logica della cura: cura delle persone, cura delle comunità, cura dei territori e cura della casa comune”.
Il Cardinale Matteo Zuppi, alla guida della Conferenza Episcopale Italiana, era intervenuto, nei giorni scorsi, sulle aree interne del nostro Paese dicendo “se non c’è futuro lì, non c’è futuro altrove”, citando le recenti alluvioni, “frutto anche di un uso dissennato dell’ambiente o della mancata manutenzione”. Fonte: WineNews, 23.01.2024