La cosa positiva è che le banche d’affari ne hanno iniziato a parlare, quella negativa è che comunque non c’è troppo tempo da perdere. Parliamo di acqua e della necessità di fare qualcosa perché non diventi un problema.
Bambini riempiono taniche di acqua potabile a Jalalabad, in Afghanistan (afp)
Circa il 75% del nostro pianeta è ricoperto d’acqua, ma meno dell’1% è utilizzabile e anche questa parte si sta esaurendo rapidamente.
Cresce l’uso e la richiesta di acqua. La domanda di acqua è aumentata di circa il 40% negli ultimi 40 anni e si stima che aumenterà di un altro 25% entro il 2050, ma, secondo le stime delle Banca mondiale, dal 1970 ad oggi l’offerta si è più che dimezzata.
Il risultato è che circa la metà della popolazione mondiale è oggi sottoposta a uno stress idrico estremamente elevato almeno un mese all’anno. E, stando a un calcolo dell’Università di Aarhus, al ritmo attuale, potremmo esaurire l’acqua dolce già nel 2040.
L’impatto sul Pil. Si tratta di un problema per le popolazioni che avrà comunque anche una ripercussione sul fronte economico. E un report di Bank of America, intitolato “H20… no! Water primer” cerca di calcolare quale potrà essere l’impatto del continuo aumento della richiesta di acqua in coincidenza con la continua diminuzione di una risorsa così preziosa sull’economia mondiale.
La stima è che la scarsità d’acqua potrebbe impattare il 30% del Pil mondiale entro il 2050, un rischio che potrebbe essere evitato investendo l’1% del Pil l’anno entro il 2030.
La crescita demografica. La domanda di acqua supera di 1,7 volte la crescita della popolazione, che a livello mondiale, è destinata a raggiungere 8,6 miliardi di persone nel 2030, 9,7 miliardi nel 2050 e 10,4 miliardi nel 2100.
Un aumento che impatta sulle risorse idriche non solo per il bisogno diretto di acqua, ma anche per l’uso che dell’acqua se ne fa, per esempio per l’approvvigionamento alimentare.
L’impiego in agricoltura. Entro il 2050, la popolazione richiederà il 50% in più di cibo. E l’agricoltura, il primo utilizzatore di acqua, rappresenta già oltre il 70% dei prelievi. In effetti, secondo le stime della Fao, servono tra i 2.000 e i 5.000 litri d’acqua per produrre il cibo giornaliero di una persona.
La qualità dell’acqua peggiora. Allo stesso tempo, l’approvvigionamento idrico in termini di qualità e quantità sta diminuendo. Circa l’80% delle acque reflue globali viene scaricato in mare senza un trattamento adeguato, le microplastiche sono state trovate nell’83% dell’acqua di rubinetto e il 57% delle falde acquifere globali sono oltre il punto di non ritorno. La carenza di infrastrutture limita l’approvvigionamento: a livello globale, un terzo di tutta l’acqua dolce che passa attraverso le tubature non arriva a destinazione a causa di perdite.
L’impatto dei cambiamenti climatici. La crisi climatica e quella idrica sono interconnesse. Per ogni +1°C, c’è una diminuzione del 20% dell’acqua rinnovabile (ONU). E come sottolinea l’indagine sulla percezione dei rischi globali del WEF Survey 2022-23, l’acqua è collegata a quasi tutte le altre crisi che dobbiamo affrontare nei prossimi 10 anni.
L’innalzamento delle temperature aumenta l’umidità nell’atmosfera, provocando un maggior numero di tempeste e piogge intense. Queste ultime, a loro volta, aumentano il rischio di inondazioni, che possono distruggere o contaminare intere riserve idriche.
Dal 2000 le inondazioni nei tropici sono quadruplicate, mentre sono aumentate di 2,5 volte nelle regioni tropicali e nelle medie latitudini settentrionali. Nel periodo 2000-19, hanno colpito 1,65 miliardi di persone, causando perdite economiche per 650 miliardi.
La domanda d’acqua e il Pil. Se come stima Pwc il Pil mondiale dovesse raddoppiare entro il 2050, nello stesso periodo potrebbe verificarsi un aumento della domanda di acqua del 400% nel settore manifatturiero e del 140% nella produzione di energia termica (fonte: OCSE).
L’impiego industriale. L’uso dell’acqua da parte dell’industria è dominato dalla produzione di energia, che è responsabile di circa il 75%, mentre il restante 25% dei prelievi di acqua industriale industriale viene utilizzato per la produzione.
Tanto per dare un’idea, sono necessarie 3 settimane di docce per fare una maglietta e 3,5 mesi per una bistecca di 1 kg. I centri dati, enormi magazzini virtuali energivori, sono il decimo consumatore d’acqua negli Stati Uniti e ChatGPT “beve” un litro ogni 40 comandi.
Le stime di danni. Andando avanti di questo passo, Bank of America nel suo report ha stimato che entro il 2050, 70 mila miliardi di dollari del Pil mondiale (31%) potrebbero essere esposti a un forte stress idrico, rispetto ai 15 mila miliardi di dollari (24%) del 2010 (fonte: WRI).
Con l’intensificarsi della concorrenza per l’acqua, la Banca Mondiale prevede che alcune regioni vedranno un calo del tasso di crescita compreso tra il 2 e il 10% del Pil entro il 2050 in aumento rispetto alle perdite economiche totali costate circa 260 miliardi di dollari nel 2010 a causa dell’insicurezza idrica, intesa come fornitura di acqua e servizi igienico-sanitari inadeguati.
Cosa servirebbe fare. La buona notizia è che risolvere la crisi idrica globale costerebbe solo l’1% del PIL all’anno fino al 2030. E con un ritorno economico interessante, perché la Banca mondiale stima che ogni dollaro investito nell’accesso all’acqua e nei servizi igienico-sanitari potrebbe generare un ritorno di circa 7 dollari.
Affrontare la crisi però resta una sfida perché il problema di ogni Paese è unico. I Paesi hanno risorse d’acqua dolce, pressioni demografiche e strutture del settore idrico diverse, alcune sono privatizzate, altre nazionalizzate.
Questo significa che non esiste una soluzione unica per tutti. È necessaria invece una combinazione di interventi che comprendano la tecnologia, gli investimenti, i regolamenti e le politiche governative, ma anche aziende e individui che gestiscono la domanda d’acqua. Con la speranza che l’incentivo economico riesca a smuovere qualcuno laddove la sola conoscenza del problema non è riuscita a farlo. Fonte: LaRepubblica, 08 Novembre 2023, Walter Galbiati