Nel mar Mediterraneo si registra un aumento eccezionale di coralli. Ma crescono anche le specie aliene e diminuisce la posidonia. I dati dell’ultimo monitoraggio di Ispra.
Cresce la presenza di coralli nel mar Mediterraneo © Marino Linic/Unsplash
- Ispra presenta i dati dell’ultimo monitoraggio del mar Mediterraneo.
- C’è un aumento eccezionale di coralli, ma crescono anche le specie aliene.
- Diminuiscono i rifiuti marini ma diminuisce anche la presenza di posidonia.
Un aumento eccezionale della presenza di coralli, una riduzione significativa dei rifiuti marini, una proliferazione di numerose specie aliene e una preoccupante diminuzione della vegetazione di posidonia: il quadro del Mediterraneo si sta stabilizzando mentre cerca di riguadagnare energia e vitalità. Questo è il ritratto dell’ambiente marino italiano secondo il rapporto dell’Ispra presentato durante un convegno a Palermo, nell’ambito del Sistema nazionale per la salvaguardia dell’ecosistema marino.
Nel Mediterraneo più coralli ma meno posidonia
Sono state censite formazioni di coralli in 8 regioni italiane e 160 siti oggetto di studio: eunicella, pentapora e paramuricea i nomi scientifici delle principali specie osservate nei fondali. In 9 regioni sono presenti anche “letti a rodoliti”: si tratta di piccole alghe calcaree simili nella forma a popcorn, rinvenute in 37 aree di monitoraggio.
Coralli a parte, la situazione è meno incoraggiante per la posidonia oceanica al largo delle coste italiane. La posidonia è una pianta endemica del Mediterraneo monitorata in tutte le regioni tirreniche, ioniche e in basso Adriatico. Ma il monitoraggio delle praterie, i cosiddetti posidonieti, condotto da Ispra ha evidenziato notevoli segnali di disturbo: il 25 per cento dei siti monitorati presenta infatti una bassa densità di fasci al metro quadrato. Tuttavia, nelle circa 100 aree indagate, ciascuna della grandezza di 3 chilometri quadrati, la densità è di tipo “normale” nel 63 per cento dei casi ed “eccezionale” nell’11 per cento.
Meno rifiuti marini ma più specie aliene
C’è una direttiva europea (la 2008/56/Ce) che rappresenta il pilastro ambientale della politica marittima dell’Unione europea, e ha l’obiettivo di raggiungere il “buono stato ambientale” per tutte le acque marine degli stati membri. La sua attuazione in Italia è coordinata dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica e supportata dal Sistema nazionale per la protezione ambientale (Snpa), costituito da Ispra e dalle Arpa regionali e vede il coinvolgimento delle amministrazioni centrali, delle regioni, degli enti locali, nonché di università ed enti di ricerca.
Il 25 settembre a Palermo sono stati presentati i risultati di 11 descrittori che misurano la qualità dello stato ambientale dei mari. Durante il convegno ci si è concentrati su tre indicatori in particolare, che disturbano lo stato di salute dei mari italiani: rifiuti, specie aliene ed eutrofizzazione.
A proposito di rifiuti marini, Ispra osserva una riduzione significativa pari a quasi la metà dei rifiuti spiaggiati, ovvero i rifiuti presenti sugli arenili ogni 100 metri. Il dato è quindi positivo, ma comunque ancora lontano dall’obiettivo europeo: dai 460 rifiuti per chilometri quadrato del 2015 siamo passati a contarne 273 nel 2021, mentre l’Europa pone come target non oltre 20 per far sì che si possa parlare di un buono stato ambientale. Quanto ai rifiuti in acqua, nel periodo 2018-2022 si registra una densità costiera media di 105 oggetti per chilometro quadrato e una densità media offshore di 3 oggetti. Più dell’80 per cento degli oggetti monitorati è composto da polimeri artificiali, di cui circa il 20 per cento sono plastica monouso.
Nel caso di specie aliene, invece, il granchio blu è solo l’ultimo caso ma in base ai dati presenti sono 289 le specie non indigene – cioè introdotte, tramite attività umane, in un’area geografica che è al di fuori del suo naturale areale di distribuzione – presenti nei nostri mari. Le attività di monitoraggio condotte dalle Arpa soprattutto nelle aree portuali, dove è maggiore il rischio di introduzione, hanno rilevato 78 specie, tra cui 25 anellidi, 18 crostacei e 11 molluschi.
Infine, passi in avanti vengono registrati nel fenomeno dell’eutrofizzazione in mare, il processo che innesca fenomeni di fioriture di alghe e riduzione di ossigeno per un eccesso di nutrienti (composti di azoto e fosforo) che arrivano da terra. Le misure prese negli ultimi 40 anni, come la diminuzione del fosforo nei detergenti, i migliori impianti di depurazione e fognari, la riduzione nell’uso dei fertilizzanti hanno portato ad una significativa riduzione del fenomeno.
Quali soluzioni per il Mediterraneo
Insomma, l’ambiente marino è un patrimonio prezioso che deve essere protetto, salvaguardato e ripristinato al fine ultimo di mantenere la biodiversità e preservare la vitalità dei mari. Questo è ormai un concetto chiaro a tutti gli stati membri europei, Italia compresa. Ma sono ancora molti gli aspetti negativi che minacciano il mantenimento e la tutela del mar Mediterraneo. Per esempio, i fenomeni di intensa antropizzazione rappresentano un rischio troppo alto per la conservazione della biodiversità: ogni giorno le acque del Mediterraneo sono solcate da alcune migliaia di imbarcazioni che trasportano sostanze chimiche o idrocarburi (parliamo di circa 8 milioni di barili al giorno).
Lo stato di salute del mare dipende soprattutto dal rapporto che l’uomo ha stabilito con esso. Ma progetti per riequilibrare tale rapporto non mancano: per ristabilire la posidonia, per esempio, basterebbe dare un’occhiata ai progetti che aderiscono alla Water Defenders Alliance, tra cui spiccano le operazioni come quelle che da anni organizzano i team di ricerca dell’università di Genova e della International school for scientific diving, tra Corsica, Toscana e – più di recente – le aree marine protette di Portofino e Bergeggi. La tecnica scelta, manuale e poco impattante per l’ecosistema, finora ha garantito ottimi risultati. Fonte: LIFEGATE , Maurizio Bongioanni, 2 ottobre 2023,
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