Il 9 agosto di ogni anno ricorre la giornata internazionale dei popoli indigeni.
Nella mia vita, grazie alla rete di Terra Madre ho avuto più volte la fortuna di relazionarmi con comunità indigene e constatare quanto le loro vite siano intrinsecamente connesse con tutto ciò che le circonda, portatrici di una saggezza altra dalla nostra che ha molto da insegnare.
Attualmente il 6% della popolazione mondiale si identifica come appartenente a un popolo indigeno. Una piccola percentuale di persone che però custodiscono l’80% della biodiversità globale: un tesoro inestimabile per il futuro.
Eppure secoli di colonialismo e acculturazione forzata hanno fatto sì che i popoli indigeni venissero bistrattati, limitati in aree protette (al pari dei panda giganti, o i gorilla di montagna), o peggio ancora uccisi. Basti pensare che durante i quattro anni di governo dell’ex presidente brasiliano Bolsonaro, il popolo indigeno Yanomami è stato vittima di soprusi di ogni genere. Mentre nel 2020, dei 227 attivisti per il clima uccisi nel mondo, oltre un terzo erano indigeni. Dobbiamo opporci con ogni mezzo a questo scempio per l’umanità.
Un diritto inalienabile che giova alla biodiversità
Dobbiamo ribadire che la diversità di culture dei popoli indigeni è un diritto inalienabile che non è possibile trasgredire.
Tale diversità è la più grande forza creatrice della Terra e, in questo particolare momento storico caratterizzato dal concatenarsi di crisi sono convinto possa contribuire a innescare pratiche virtuose sostenibili che rallentino la devastazione degli ecosistemi e della flora e della fauna che in essi si riproducono. Aggiungo: ambire alla difesa della biodiversità senza consentire a chi la custodisce di governare sui propri territori è insensato. Ecco allora che i popoli indigeni devono poter avere il controllo della propria terra, coltivare, praticare caccia, pesca e raccolta secondo le proprie esigenze e decisioni.
Decolonizzare il pensiero per riconciliarci con la Terra
Ma attenzione il riconoscimento dei popoli indigeni passa anche per la decolonizzazione del nostro pensiero: lo spirito deve essere liberato da qualsiasi idea di dominazione, dalla forza del denaro e dall’avidità.
Dovrà essere evidente a tutti quanto male è stato procurato a questi soggetti nel nome del progresso e della supremazia del mercato. Quanti saperi, conoscenze e prodotti della Terra sono stati piratescamente derubati alle comunità indigene da multinazionali farmaceutiche e alimentari senza scrupoli. Occorre restituire il maltolto, e porre fine a dinamiche di mercato estrattiviste.
Con protervia l’umanità ha praticato per secoli un’idea di progresso basata sulla convinzione che le risorse del pianeta fossero infinite e che il dominio sulla natura non avesse limite. Oggi però ci troviamo sull’orlo del baratro. Siccità, perdita di fertilità dei suoli, estinzione di piante e animali, spreco di alimenti, sono problemi che ci porteranno a un destino tragico.
Dobbiamo cambiare marcia riconoscendo che i popoli indigeni hanno la chiave per un approccio più sostenibile alla vita, perché da sempre praticano l’economia della natura e della sussistenza.
Ed è lì che risiede la risposta per nutrire il pianeta (e non nelle multinazionali del cibo e dell’agroindustria), è lì che avviene l’attivazione della vera democrazia, la partecipazione di tutti per il bene comune.
Riconciliarci con la Terra è l’unico modo che abbiamo a disposizione per uscire dalle crisi che ci attanagliano. Questo è il grande “elefante nella stanza” (come direbbero gli anglofoni), che tra pandemia, conflitti e crisi energetica continuiamo baldanzosamente a ignorare. I popoli indigeni ci insegnano da sempre che tutto è connesso e che prenderci cura di tutte le creature è il dono più grande che ci è stato fatto. Questo insegnamento deve essere di stimolo e guida per il cambiamento. Accogliamolo e facciamo sì che, soprattutto nei Paesi dove i popoli indigeni sono presenti, i governi riconoscano la titolarità e centralità dei loro diritti. Rispettando le diversità e le conoscenze tradizionali potremo davvero creare un futuro migliore che non lascia indietro nessuno.
Una campagna gestita dalla rete indigena per proteggere la diversità alimentare a rischio nel mondo
In occasione della Giornata internazionale dei popoli indigeni del mondo 2023, la rete internazionale di Slow Food lancia la campagna Decolonize Your Food (Decolonizza il tuo cibo), per sostenere le comunità indigene nella conservazione del loro patrimonio alimentare per il nostro futuro comune.
Come partecipare?
Seguici sui social media (Facebook e Instagram) per sostenere la campagna e per conoscere le tradizioni alimentari indigene, la resistenza contro la colonizzazione alimentare e l’importanza di decolonizzare i nostri sistemi alimentari e le nostre mentalità. Utilizza #Decolonizeyourfood e condividi queste conoscenze con amici, familiari e comunità per diffondere la consapevolezza. Un altro modo per fare la differenza è sostenere i cambiamenti politici che proteggono la biodiversità e riconoscono i diritti e i contributi delle popolazioni indigene. Fonte: SlowFood, Carlin Petrini, 07.08.2023