Il pesce più povero ha saputo diventare un ingrediente tipico nelle terre senza mare. Dalle Alpi a Volterra, dalla Camargue fino a Mozia. E nel Cuneese la via degli acciugai è una rotta chiave per i turisti in bici
Vasetto di acciughe
È curioso il fatto che uno dei cibi più identitari del Piemonte, la bagna cauda, sia a base di pesce – le acciughe – in una regione senza mare. Vero, nel regno sabaudo il mare c’era eccome, ma l’intingolo con il pesce salato reso in forma di salsa, in riviera non lo si trova. Non è l’unico esempio di ingredienti apparentemente fuori posto (un altro, ancor più diffuso, è lo stoccafisso-baccalà che, dal Mare del Nord, ha invaso le cucine europee), e il segreto è in quella silenziosa geopolitica del cibo che nei secoli, e senza regole fisse, ha generato tradizioni.
La bagna cauda
Alle origini ci sono le cosiddette “vie del sale” utilizzate dai mercanti (di sale marino, appunto), per trasportare sia il prezioso elemento che gli ingredienti con esso conservati: così, le acciughe transitavano dalle saline della Provenza fino al cuore della regione subalpina, e anche una ricetta che ha diversi tratti in comune con altre francesi e spagnole: in particolare, l’anchoïade si è diffusa nella cucina occitana e del Sud della Francia (anchoïade di Nizza, anchoïade di Camargue) e in quella catalana (anxovada), ed è un caposaldo anche della cosiddetta cuisine roussillonnaise, un segmento della cucina mediterranea tipico dell’area frontaliera dei Pirenei francesi. La bagna cauda piemontese era un piatto di vendemmia, portato in vigna, e tenuto in temperatura con scaldino di coccio riempito di braci vive, la’s-cionfetta’.
Salin-de-Giraud vicino Arles in Camargue
Il Piemonte ha una propria “alta via del sale”, il cui itinerario è stato valorizzato in tempi recenti da Visit Piemonte, che la propone tra i percorsi transfrontalieri in quota tra Italia e Francia, un segmento su cui sta lavorando molto la struttura presieduta da Beppe Carlevaris e che trova strumenti operativi anche nella legge regionale 9/2021 che riconosce le strade storiche di montagna e di cui fu primo firmatario il consigliere regionale Paolo Bongioanni. In particolare, si tratta di una strada bianca ex militare che si arrampica tra i 1800 e i 2100 metri di altitudine, correndo lungo lo spartiacque alpino e intersecando a mezza costa il confine italo-francese: i suoi viandanti erano gli acciugai, ovvero gli ambulanti che con il tipico carro trainato da cavalli o buoi portavano le acciughe in barili e botticelle di legno.
acciughe
Ma non esiste un’unica via del sale e, anzi, il fattore che accomuna elementi gastronomici estremamente diversi – dalla bagna cauda, al Prosciutto di San Daniele, ad esempio, correndo da un capo all’altro dell’arco alpino – è proprio l’esistenza dei percorsi che assicuravano la materie prime per la salagione. È così dai tempi più remoti, come insegna lo stesso nome della via Salaria; la via del sale lombarda, invece, percorre i confini tra l’Oltrepò Pavese, il Piacentino e si dirige a Genova attraverso la Val Trebbia. Altre vie del sale uniscono le saline stesse, come in Sicilia tra quelle di Trapani/Paceco e dello Stagnone. Altre ancora, seguono rotte promiscue, come in Toscana, tra Volterra-Colle Val d’Elsa e Firenze, di fatto comune ai trasporti minerari. Uno dei tracciati più remoti, di età preromana, è invece la via “ad Salinas”, in Abruzzo, costruita da Sabini e Piceni. Le vie del sale mediterranee, poi, sconfinano attraverso le Alpi fino a Svizzera e centro Europa. Anche il consumo delle acciughe, o alici, segue rotte antiche: in primis con l’etimologia (alice deriva dal greco háls, ovvero “sale”), e al tempo stesso con le ricette, a partire dal garum romano. La ricetta della bagna cauda (o caoda) piemontese è semplice: aglio e acciughe dissalate affrontano una cottura a fuoco lento che riduce il tutto in salsa. Messa nel coccio alimentato da una fiammella, vi si intingono peperoni, cardi, cipolle cotte al forno, peperoni crudi o abbrustoliti, foglie di cavolo crude, cavolfiori, topinambur, barbabietole, patate cotte a vapore, ravanelli, rape e tante altre, compresa la fettina di Fassona in carpaccio.
salina
Le alici non si consumano solo sotto sale: protagoniste in ogni caso di una cucina povera, una delle massime espressioni, che collega Nord e Sud Italia, specie sulla costa occidentale, è l’accostamento dei due filetti ripieni: si hanno così le anciue pinne in Liguria, con pane raffermo e avanzi delle verdure, o le alici ’mbuttunate che dominano al Sud, con al centro la costa cilentana, con pane uova, formaggio, prezzemolo e aglio, fritte e poi immerse nel sugo di pomodoro.
E poi la più semplice delle ricette, che “tira fuori un gran piatto” con poco tempo e pochi ingredienti: è la pasta con le acciughe e la mollica di pane tostato. Sapido esempio della genialità popolare della cucina italiana. Fonte: laRepubblica, IL GUSTO, Jacopo Fontaneto, 04.07.203