Gli spumanti piemontesi conquistano l’Italia e il mondo. Negli ultimi 5 anni vendite cresciute a doppia cifra: nel 2022 +67% di vendite rispetto al 2021. Merito della qualità e dei lunghissimi affinamenti (minimo 30 mesi)
La collina ondulata, il fiume, tre province – Asti, Alessandria e Cuneo – che si incontrano e una grande storia che le accomuna. Il mare a pochi chilometri, le Alpi, maestose, alle spalle. L’Alta Langa è un paesaggio stato d’animo. Dove territori e vissuti si intersecano alla destra del Tanaro, per poi ritrovarsi nel calice sotto forma di raffinate bollicine, un’esplosione di gusto, eleganza, saggezza. Bolle profonde, come le cantine-cattedrali scavate nel tufo delle colline a Canelli, cuore astigiano della denominazione. Ed è giunta al quinto anno la Prima dell’Alta Langa: l’edizione 2023 è fissata per lunedì 8 maggio, dalle 9.30 alle 18.30, all’interno della settecentesca Galleria Grande della Reggia di Venaria a Venaria Reale (Torino). La grande degustazione degli spumanti Alta Langa attualmente presenti sul mercato è organizzata dal Consorzio Alta Langa ed è riservata a un pubblico di operatori professionali: buyer, enotecari, ristoratori, sommelier professionisti, distributori, barman, giornalisti.
Un territorio, quello dell’Alta Langa, che è diventato un caso. Esegesi di un successo che se da un lato non può non tener conto del trend internazionale del boom delle bollicine, dall’altro fa riferimento alla passione e all’ostinazione dei produttori nel voler proporre un modello di qualità assoluta, senza compromessi: rese basse, raccolta solo manuale, altimetria minima di 250 metri e lunghi affinamenti sui lieviti con un minimo di 30 mesi previsti dal disciplinare. Basta guardare i numeri del Consorzio Alta Langa: i produttori associati, che fino al 2018 erano una ventina, oggi sono circa 70 e realizzano più di 140 etichette. “La crescita è stata esponenziale – spiega il direttore del Consorzio, Paolo Rossino – Nel 2022 sono state vendute 1,6 milioni di bottiglie delle annate 2019 e precedenti, +67% rispetto al 2021, che a sua volta aveva registrato un +40% sul 2020. Negli ultimi 5 anni siamo sempre cresciuti a doppia cifra. La stima di valore del prodotto attualmente nelle cantine è di 150 milioni di euro. E non è un caso che nel triennio 2023-25 ci saranno 220 nuovi ettari in produzione”.
Dalla vendemmia 2022 sono attesi tre milioni di bottiglie che usciranno non prima del 2025. I tempi di affinamento, a discrezione dei produttori, arrivano fino a oltre 5 anni con punte di 10: “Non è una gara – dice Rossino – quello che ci interessa è la piacevolezza”. Ma è innegabile che la struttura, pur senza mai rinunciare a freschezza e bevibilità, sia un tratto distintivo di questa bollicina. Che molti paragonano allo champagne. Non solo per la qualità e per la composizione del blend, che mette insieme Chardonnay e Pinot Nero in versione bianca e rosé, ma anche per la tradizione spumantistica. Qui in Alta Langa, è nato il metodo classico italiano: è emblematica la figura di Carlo Gancia che nel 1848 parte per Reims con l’obiettivo di carpire i segreti della produzione dello champagne, per poi tornare in Piemonte e dare vita alle prime produzioni di bollicine con metodo francese. Metodo poi riscoperto con slancio a partire dagli anni ’90 quando un gruppo di viticoltori e 7 produttori storici rilancia le bolle d’Alta Langa puntando sulla forza del terroir, fino alla creazione del Consorzio, nel 2001 e al riconoscimento della denominazione, nel 2002.
Oggi gli ettari vitati in produzione sono 378 a cui si aggiungeranno i 220 nuovi. E a spingere il territorio sono soprattutto i giovani. “Le nuove generazioni sono intraprendenti, spinte dalla passione e attratte dalla sfida della sostenibilità”, dice Rossino. La priorità è il consolidamento della denominazione nel mercato italiano, senza rinunciare all’export che va forte negli Usa, Regno Unito, Germania, Nord Europa e Giappone. E anche continuare a coccolare i numerosi turisti che si recano sul territorio per degustare i vini in abbinamento ai piatti dei grandi chef o delle tradizionali osterie e godersi il paesaggio.
“Questa denominazione è speciale – spiega la presidente del Consorzio, Mariacristina Castelletta – nata da persone ambiziose, viticoltori e produttori di bollicine uniti da una visione lungimirante e da un forte orgoglio. Il nostro metodo classico è espressione di un territorio unico al mondo per vocazione vitivinicola, quello del Monferrato e delle Langhe, le cui colline vitate sono state dichiarate Patrimonio dell’Umanità. La nostra sfida è continuare a crescere preservando l’alto valore della denominazione. Il fattore tempo è cruciale: merita un grande rispetto il pensiero che le uve Pinot Nero o Chardonnay di una nuova vigna piantata oggi si trasformeranno in bollicine di Alta Langa da degustare in un calice non prima del 2030”.
E nel panorama nazionale, le bollicine piemontesi occupano un posto sempre più rilevante. Lo sottolinea Castelletta: “L’Alta Langa ha caratteristiche uniche nel panorama delle bollicine, sia a livello nazionale che internazionale. Cito, per esempio, l’obbligo del millesimo espresso in etichetta, elemento distintivo che ci lega all’espressione dell’annata. Nel nostro Consorzio tutti, viticoltori e produttori, sono coinvolti nello sviluppo di un vino, di una denominazione e di un territorio”. Fonte: laRepubblica, Lara Loreti, 08.05.2023