Presentato al ministro dell’agricoltura Lollobrigida il progetto che vuole creare un forum permanente che sappia ispirare una cultura della sostenibilità nell’economia del mare
(ansa)
Serve un nuovo patto per proteggere il mare e salvare, in questo modo, noi stessi. Il 50% di ogni nostro respiro, nonché l’unica forma di sostentamento per circa un miliardo e 200 milioni di persone nel mondo, viene da una realtà a cui l’italiano medio pensa al massimo per un paio di settimane all’anno: il mare. Quello stesso mare che riempiamo di microplastiche e depriviamo di biodiversità (il 70% delle popolazioni ittiche è sovra-sfruttato) con le nostre abitudini di consumo, e che ha una parte importante sia nell’assorbimento di CO2 dall’atmosfera che nella formazione, indotta dagli scompensi climatici, di eventi estremi, come le trombe marine che in queste settimane stanno colpendo il Sud Italia.
Un forum permanente
“Per questo abbiamo voluto mettere insieme università, centri di ricerca e imprese in un patto per l’innovazione e la formazione che consenta di proteggere la biodiversità marina e combattere, a partire dal mare, la crisi climatica” spiega il professor Silvestro Greco, direttore del Laboratorio di Sostenibilità e Economia Circolare dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e vicepresidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. Greco, insieme a Carlo Petrini e Bartolomeo Biolatti (rispettivamente presidente e rettore dell’UniSG), oggi ha presentato il “Patto per il Mare con la Terra” al ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida nella sala Cavour del Palazzo dell’Agricoltura. “Il legame tra terra e mare è molto stretto. Tutto quello che facciamo anche a decine di chilometri dalle coste finisce, almeno in parte, in mare (dal consumo d’acqua casalingo all’utilizzo di pesticidi in agricoltura). Il mare è sempre più vitale: è fonte di cibo, assorbe gran parte della C02, può essere un’importante fonte di energia rinnovabile (il vento in mare non manca mai) e rappresenta un fattore importante per l’economia. Inoltre, sebbene non sempre consideriamo questo aspetto, dipendiamo strettamente dalla biodiversità marina in molti modi diversi” spiega Carlo Petrini “Il Patto per il Mare con la Terra vuole creare un forum permanente che sappia ispirare una cultura della sostenibilità nell’economia del mare. Diffondere conoscenza, promuovere politiche di protezione e di conservazione della biodiversità marina sono gli obiettivi principali da perseguire per salvaguardare il benessere umano. Un patto che ci deve vedere tutti protagonisti dalle università, alle aziende ai singoli cittadini”.
I rischi del non rispetto dell’ecosistema marino
“Il patto nasce per porre l’attenzione sui rischi che si corrono se non si considera l’importanza dell’ecosistema marino” sottolinea Silvestro Greco. “La comunità scientifica sta ricevendo segnali preoccupanti dal mare: quest’anno si sono viste temperature dell’acqua superiori di ben sei gradi alla media, ad esempio in agosto sul mar Tirreno la temperatura dell’acqua ha raggiunto i 30 gradi, un dato anomalo e difficile da comprendere”. Abbiamo una serie di lacune nella conoscenza della circolazione delle masse d’acqua perché manca un monitoraggio sistematico dei fondali, questione ancora più attuale perché dall’anno scorso l’area di interesse si è allargata: non siamo più soltanto responsabili delle classiche 12 miglia di acque territoriali, ma con la creazione della “Zona economica esclusiva”, ora abbiamo un totale di 542.000 km quadrati su cui poter agire. “Ma come facciamo a gestire quest’area se non la conosciamo davvero?” sottolinea Greco. “Noi conosciamo meno dell’1% dei mari italiani: non li abbiamo mai mappati. Conosciamo tutti i crateri della Luna, ma non abbiamo le mappe dei nostri fondali marini, se non per pochissime aree. In questi ultimi anni, nell’ambito delle mie ricerche sull’eolico galleggiante offshore, ho potuto calare dei robot ed effettuare scansioni dei fondali, ad esempio nello Stretto di Sicilia, in aree mai mappate prima. Con il Patto vogliamo innescare un processo virtuoso per estendere queste iniziative di conoscenza”. Unendo il sapere scientifico all’impegno economico – e sociale – delle imprese.
La decade degli oceani
“Per le Nazioni Unite questa è la decade degli oceani, ma se andiamo a vedere quali sono le azioni messe in campo, si vede che sono sempre legate a settori specifici, come la cantieristica o la navigazione. Serve un approccio multisistema, oltre che interdisciplinare, per affrontare i problemi più complessi” spiega Greco. “Il problema principale è lo sversamento di enormi quantità di rifiuti in mare, il cosiddetto “marine littering”. Grazie all’autorevolezza dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, abbiamo messo insieme dieci università italiane, due enti di ricerca marina (la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e l’Istituto di Oceanografia e Fisica Sperimentale di Trieste) e oltre 70 aziende (tra cui Barilla e Lavazza) che sono un’ossatura importante della produzione nel sistema agricolo e zootecnico italiano. Il Patto prevede uno scambio di conoscenze tra università e aziende, e una serie di impegni per le aziende, che si sono rese disponibili, per esempio, a ridurre i materiali plastici nel packaging e negli imballaggi. Una delle aziende coinvolte, ad esempio, a gennaio in una regione italiana toglierà la plastica da tutte le sue confezioni”. Un passo necessario se si considera lo stato dei nostri mari. “Il mare Tirreno è quello, nel bacino mediterraneo, più inquinato da microplastiche, con 139.000 frammenti galleggianti per chilometro quadro. E la plastica galleggiante è solo il 3% / 5% di quella complessivamente presente in mare” spiega Greco. “C’è quindi un’urgenza a cui dobbiamo rispondere: in questo senso il Patto con il Mare per la Terra è un progetto che unisce realtà – le università, le imprese e le istituzioni (sia il Governo che patrocinerà il progetto, che le regioni: la prima ad aver aderito è la Calabria) – che altrimenti non si sarebbero mai incontrate su questo tema”. Con auspicabili ricadute positive che vanno anche oltre il Mediterraneo: “Molte di queste aziende sono multinazionali, e quindi l’impatto delle loro scelte sostenibili può essere globale” spiega Greco. “Faccio un esempio: l’azienda Olitalia, nell’ambito del progetto “Plastic no more” coordinato da noi, ha ridotto del 30% l’uso di plastica vergine nei contenitori e packaging spediti in oltre 170 Paesi”.
L’interdipendenza mare-terra
La parola chiave del “patto con il mare per la terra” è l’interdipendenza: “Tutto quello che facciamo anche lontanissimo dalla costa finisce rapidamente in mare e determina impatti sugli ecosistemi sulla biodiversità ma anche alla salute dell’uomo; quello che buttiamo in mare rientra nei nostri piatti con il cibo perché gli organismi marini li assimilano e li accumulano nei loro tessuti” osserva Roberto Danovaro, professore di Biologia Marina ed Ecologia dell’Università Politecnica delle Marche. “Credo che il Patto con il Mare per la Terra sia uno strumento nuovo per aumentare la consapevolezza di quello che possiamo fare, insieme e individualmente, per tutelare questo bene comune indispensabile per la nostra salute e benessere. E più in generale il Patto rappresenta una grandissima opportunità per le aziende, marine e non, di orientarsi verso la sostenibilità diventando al contempo più competitive e innovative”. La ricaduta positiva di impegni come il “patto” può investire l’intero Paese: “L’Italia vanta un territorio marino nazionale di estensione doppia rispetto a quella dell’ambiente terrestre. Si tratta di un potenziale straordinario da valorizzare; ad esempio in termini di energie naturali pulite rinnovabili. Ma dobbiamo farlo in modo autenticamente sostenibile per non pregiudicare altri asset fondamentali per la nostra economia come quella del turismo blu” spiega Danovaro. “Si tratta di una grande sfida culturale che richiede una piena consapevolezza e volontà di azione. Il Patto con il Mare per la Terra servirà a questo. Anche perché il mare rappresenta probabilmente il settore di maggiore crescita economica e occupazionale nel futuro prossimo del nostro Paese”. Fonte: laRepubblica, Cronaca, Giuliano Aluffi, 14.02.2022