Lo zucchero di quando non c’era ancora lo zucchero, il dolcificante donato dalla natura e non estratto da canne o da barbabietole.
Tanti tipi diversi per qualità e proprietà. Ecco come conoscerli
Per il modo in cui viene prodotto, frutto delle api operaie che suggono il nettare di fiori e piante, lo trasformano e conservano nell’alveare, il miele racchiude in sé un connotato quasi di mistero. E infatti gli uomini delle antiche civiltà gli attribuivano un valore religioso e lo consideravano una rugiada divina che le api raccoglievano non solo sui fiori, ma anche negli strati superiori dell’aria.
La tradizione che si perde nella notte dei tempi vuole che nell’età dell’oro il miele fosse così abbondante da non dover essere nemmeno raccolto dagli alveari, perché ne stillava spontaneamente. E gli antichi lo ritenevano cibo prodigioso. Così in Egitto i vasi sigillati pieni di miele, ritrovati nelle tombe dei faraoni, servivano perché il sovrano defunto ne avesse a disposizione nell’aldilà.
Non solo in pasticceria
Ma anche secondo i poeti greci sarebbe stato un alimento miracoloso, in grado di infondere saggezza ed eloquenza: leggenda vuole che Platone, appena nato, sia stato nutrito dalle api.
Da sempre il miele veniva utilizzato in cucina come in pasticceria, ma anche nell’arte medica e nella conservazione di altri alimenti. Non stupisce che l’apicoltura fosse fiorente in tutte le aree del bacino del Mediterraneo, dove erano particolarmente apprezzati i mieli della penisola dell’Attica, protesa sul mar Egeo, la cui vegetazione dava origine a mieli famosi per la dolcezza e l’aroma di timo, quello di Ibla in Sicilia dove la zagara o il carrubo conferiscono profumi particolarissimi, quelli di Corsica e Sardegna, regni del corbezzolo per mieli dalla spiccata vena amarognola e asprigna. Molto apprezzati dai romani erano quelli della Tuscia viterbese, un’area che ancora oggi può vantare l’integrità ecologica del territorio. Oggi come secoli fa in questa porzione di Lazio la varietà di habitat e di paesaggi agro-forestali e floreali sono i punti di forza del miele, i cui usi si allargano dalla gastronomia alla medicina passando per la cosmesi.
Dolci rimedi
Se Cleopatra prediligeva per la sua pelle creme a base di miele, i soldati romani usavano balsami al miele per curare e cicatrizzare piaghe e ferite. E non mancavano bevande digestive, antinfiammatorie, decongestionanti. Per ogni tipo di miele c’era un utilizzo specifico in base al disturbo che si voleva alleviare. Sono passati millenni e, dopo tutti gli sviluppi della ricerca, la scienza conferma le proprietà benefiche del cibo delle api. Miele di castagno o di eucalipto contro il mal di gola, miele di corbezzolo come diuretico e antisettico, miele di girasole come antinevralgico: ciascun miele ha le sue proprietà, come il suo gusto, aroma e colore.
Sommelier del miele
Ne sanno qualcosa i “sommelier” del miele, esperti nella degustazione del prodotto, che guardano ai mieli come espressioni di terroir, perché di ogni area sono specifici i fiori da cui nascono i diversi nettari, monovarietali o meno.
Per esempio il miele di acacia o di robinia che in effetti si produce un po’ in tutta Italia nelle zone collinari, trova il suo habitat favorito nelle Prealpi e nella parte più settentrionale dell’Appennino: chiaro, quasi trasparente, è molto delicato, fruttato, con lievi note di vaniglia e pasticceria, ottimo nello yogurt bianco, sulla ricotta e i formaggi erborinati.
Quello di di girasole, che si trova nelle aree mediterranee dalle estati calde, ha un colore giallo vivace – “giallo tuorlo” – e la caratteristica di cristallizzare in modo uniforme e cremoso; ha profumi tenui, di tipo fruttato (confettura e succo di frutta) e vegetali secchi, come la paglia e il fieno e sentori di il polline, quasi di cera; chi ama i formaggi lo sposa volentieri a una fontina d’Alpeggio o al grana.
Il miele di castagno, vero prodotto gourmet, si trova ovviamente nelle aree montane: scuro, deciso, intenso, con sentori affumicati e balsamici, ma anche di tabacco, legno tostato, si lega bene a pecorini freschi o stagionati.
Il millefiori, che se si chiude gli occhi dà l’idea di passeggiare in un prato fiorito, è consigliato nel tè, sulle pesche al forno o nel semplice pane, burro e miele. Ma anche i millefiori non sono tutti uguali, si va per esempio da quelli di montagna a quelli di spiaggia, tra cui è famoso quello di San Rossore.
Di certo quando andiamo a fare la spesa troveremo molto facilmente il millefiori, che viene da api che hanno avuto a disposizione tante fioriture diverse in contemporanea, ma nessuna in quantità prevalente.
Poi ci sono apputo i monofloreali, di fioriture specifiche, e la loro diffusione dipende anche dalla geografia. Cioè per esempio al Centro Sud e nelle Isole è molto noto e amato il miele di zagara (che sono i fiori degli agrumi, fiori di arancio, limone, mandarino). Nelle aree tra i 500 e i 1000 metri d’altezza, lungo gli Appennini, il miele di castagno. Apprezzatissimo è quellodi Eucalipto e di Erica, di Sulla e di Tarassaco. (Tra i più rari invece di asfodelo, di cardo, di carrubo, di lavanda, di lupinella, di rosmarino, di trifoglio).
Miele: riconoscere la qualità
In realtà non è facile distinguere dall’aspetto nel vasetto un miele di qualità, anche perché ciò che ai non esperti può sembrare un difetto magari non lo è. Per esempio affioramenti bianchi, separazione di fasi (parte inferiore del vasetto più solida e parte inferiore liquida) e cristallizzazione non rappresentano difetti. Ma semplicemente il comportamento dei cristalli di glucosio a determinate temperature. L’unico vero difetto potrebbe essere la fermentazione, evidente con una schiumetta in superficie con aumento di volume (miele che addirittura tende a fuoriuscire dal barattolo) e odore molto acido.
Poi ci sono gli inganni. Quindi i prodotti di frodi in commercio. Avviene quando il miele viene tagliato, se non addirittura del tutto sostituito, con sciroppi zuccherini che però spesso non sono riconoscibili nemmeno con analisi di laboratorio. Siccome le norme in Italia per quanto riguarda la produzione e il confezionamento di miele sono molto restrittive, l’unica vera garanzia potrebbe essere comprare mieli italiani. Ci sono Paesi, per esempio, che nonostante la popolazione di api stia notevolmente diminuendo, aumentano la produzione e l’esportazione di miele. È chiaro che è forte il rischio di trovarsi di fronte a miele “gonfiato”.
La cristallizzazione non è un difetto
Il miele è un prodotto una soluzione sovrasatura di circa 80 g di zuccheri in 17 di acqua. E la cristallizzazione, come spiega Cinzia Scaffidi nel libro “Il mondo delle api e del miele – le stagioni, i problemi, la vita dell’alveare e dei suoi prodotti” (Slow Food Editore) è una naturale evoluzione del prodotto. Alcuni mieli si trovano già cristallizzati in natura come quello di corbezzolo. In ogni caso quasi tutti cristallizzano spontaneamente col tempo. E la rapidità di questo processo dipende dal contenuto di glucosio e dall’assenza di acqua. Un’elevata concentrazione di fruttosio assicura invece una maggiore fluidità. La cristallizzazione dei mieli, se ottenuta con lavorazione a bassa temperatura, dà vita a mieli cremosi dalla grana fine e uniforme con l’effetto “fondente”.
Una curiosità: il miele è un conservante naturale, quindi anche molto tempo dopo la produzione non è mai nocivo. Teoricamente, quindi non ha una data di scadenza. Quella che si trova sui vasetti è l’indicazione di un periodo entro il quale mantiene al meglio le sue qualità organolettiche e cioè è al meglio per gustarlo. L’importante è conservarlo bene, in luoghi freschi e asciutti. Fonte: laRepubblica, IL GUSTO, Eleonora Cozzella, 11.09.2022