Arriva finalmente il sì del Senato che approva la legge. Distinzione dal biodinamico, introduzione del marchio Bio italiano e tutela dei produttori. Le parole di Maria Chiara Gadda, prima firmataria del decreto
Dopo anni di attesa anche il secondo ramo del Parlamento ha approvato il disegno di legge che tutela un settore in continua espansione, che in soli dieci anni ha visto aumentare l’80% della superficie, fiore all’occhiello del Made in Italy. Un metodo di produzione che va nella direzione indicata dalle strategie europee Farm to Fork e Biodiversità.
«L’approvazione in via definitiva della legge sulle produzioni con metodo biologico è un tassello necessario per consolidare il quadro normativo coerentemente con gli indirizzi europei di transizione ecologica, e accompagnare la crescita di un comparto rilevante per il nostro Paese». Lo dichiara Maria Chiara Gadda, capogruppo di Italia Viva in commissione Agricoltura alla Camera e prima firmataria della legge sull’agricoltura biologica.
«Questo a maggiore ragione in un momento in cui l’agricoltura e l’intera filiera agroalimentare italiana stanno soffrendo a causa della crisi internazionale, degli effetti lunghi della pandemia, e dell’esplosione dei costi energetici, delle materie prime e dei trasporti. Il nostro Paese sconta su molti fronti posizioni ideologiche e timidezza su scelte strategiche. Non è più pensabile sottovalutare la necessità di dotarsi di un sistema agroalimentare resiliente, in grado di fronteggiare le crisi globali anche rispetto all’auto approvvigionamento dei beni di prima necessità. Bisogna aumentare la superficie agricola utilizzata favorendo anche le aggregazioni di prodotto e di produttori come fa la legge sul biologico, con modelli di agricoltura coerenti con tutte le nostre specificità territoriali, climatiche e la biodiversità.
Il biologico è certamente uno di questi modelli, chi crea inutili contrapposizioni con il convenzionale non sta facendo l’interesse del nostro Paese e di oltre 80.000 imprese che nel 2021 hanno fatturato 4,6 miliardi di euro nel mercato interno e 2,9 in quello estero, investono in molte aree a rischio abbandono, e fanno della ricerca e della innovazione la loro chiave di sviluppo. Agitare lo spettro dell’anti scienza nell’opinione pubblica, con una potenza mediatica raramente vista su altri temi, è stato un modo bieco per nascondere altri evidenti interessi superati anche dagli indirizzi comunitari. Dopo una ampissima discussione durata tre legislature, finalmente il parlamento approva a larga maggioranza una legge quadro che assegna regole certe e trasparenza a tutela della concorrenza, dei produttori e dei consumatori. Si tratta della cornice normativa su cui innestare il piano strategico nazionale per il biologico e il decreto controlli», conclude.
«Siamo in presenza di un passaggio epocale verso un’agricoltura rispettosa dell’ambiente e amica della salute dei consumatori. Un passo concreto verso una reale “transizione ecologica”. Un traguardo da accogliere con entusiasmo perché ci permetterà di acquistare prodotti che hanno a cuore la salute e la sicurezza ambientale» dichiara Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia.
Una legge che va incontro all’esigenza di una vera modernità agricola. Perché la modernità agricola è nelle mani di coloro, soprattutto giovani, che lavorando la terra coniugano i vantaggi offerti dalle innovazioni tecnologiche con i saperi e le pratiche ancestrali, garantiscono il rispetto delle esigenze ecosistemiche, gestiscono le risorse naturali e limitano le esternalità negative, assicurando così una produzione adeguata in qualità e quantità.
La legge infatti va a disciplinare aspetti importanti non solo per le 80.000 aziende che già praticano l’agricoltura biologica, ma anche per le tante aziende agroalimentari italiane, per la ricerca scientifica, per i consumatori, per i territori e soprattutto per le comunità che quei territori li abitano. Fonte; Linkiesta, Gastronomika, 04.03.2022