Per cucinare con l’acqua di mare ci sono regole precise da rispettare
C’è chi la usa per cuocere la pasta e chi per fare la pizza: un vezzo che molti chef stanno riscoprendo: ci sono infatti piatti che risalgono al Medioevo. Masterchef 11 ha riportato alla ribalta “il sapore di sale”, lanciando la sfida ai concorrenti in una Mistery box
Senza dubbio ha un che di poetico e suggestivo: usare l’acqua di mare per preparare il cibo sta diventando un vezzo in molti ristoranti d’alta cucina ed è stata anche oggetto di una prova della Mystery Box nell’edizione numero 11 di Masterchef Italia, considerata come prova tecnica.
Ma a onor del vero, più che una moda è una riscoperta. Nelle zone costiere, infatti, si è sempre fatto. Chi non è giovanissimo o ha la fortuna di avere nonni molto anziani potrà confermare, per esempio, che in Campania se il pranzo in spiaggia prevedeva le freselle, si zuppavano direttamente in mare per poi essere opportunamente guarnite di pomodoro e compagnia bella e che i pescatori l’hanno sempre usata per preparare zuppe di pesce a bordo e non solo.
Addirittura, esistono testimonianze di ricette medievali come questa zuppa, le cui istruzioni sono state ritrovate nel sito archeologico di Ostra Vetere, in provincia di Ancona:
“Sei polpose cernie brune, dopo averle eviscerate e mondate, unisci a un sapiente trito di erbe aromatiche composto di aglio, origano, timo, salvia. Lasciale marinare insieme alle spezie per un tempo mediamente lungo in generosa acqua marina, dove poi verranno cotte”.
Zuppa di pesce
L’acqua di mare ha stimolato anche molti altri usi nel mondo enogastronomico. Ci sono alcune birre prodotte con acqua di mare, come la celebre Cerveza spagnola Er Boqueron “elaborada con agua de mar” o le più recenti Aquamaris del birrificio siciliano Tarì e la Birra Maris – rifermentata in bottiglia, non pastorizzata, non filtrata – a marchio FUD, solo per citarne alcune.
Nesos, il vino degli dei di Antonio Arrighi: l’uva Ansonica è affinata in mare
Ancor più particolare il vino creato all’Isola d’Elba dal produttore Antonio Arrighi in collaborazione col professor Attilio Scienza. Si chiama Nesos e riprende una tradizione vinicola di oltre 2500 anni fa delle isole greche: i grappoli fanno “il bagno” in acqua salmastra prima della vinificazione.
Alcuni produttori di conserve, inoltre la utilizzano per le salamoie di pomodorini in barattolo.
Non stupisce dunque che gli chef, alla costante ricerca di novità ma anche di valorizzazione delle tecniche antiche, si siano affezionati a questo particolare elemento. O che alcuni pizzaioli la utilizzino per l’impasto delle pizze, come il pioniere Guglielmo Vuolo dell’Associazione Verace Pizza Napoletana. I fautori del suo utilizzo assicurano nei cibi e negli impasti un sentore di mare che incanta i palati raffinati. Ma che necessita di grande competenza per essere usata nelle dosi giuste, pena cibi troppo salati o addirittura insipidi. Se vi state chiedendo cosa ci possa essere di tecnico, la risposta è nel fatto che il sale contenuto nell’acqua marina varia da mare a mare. Quindi l’assaggio e il calcolo dei tempi di cottura (in cottura l’acqua evapora ma il sale resta nei cibi) è fondamentale. Tra i mari con più alta salinità ci sono il Mediterraneo 38-39% e il Mar Rosso 40%. Più insipida l’acqua del Mar Baltico col 15% di salinità media, tendente decisamente a uno sciapo 5%. Si va dunque all’incirca da 40 gr di sale per litro a 5 g.
Tramonto sul mar Mediterraneo
Certo, gli chef non vanno al mare a riempire secchi e cisterne ma si affidano ad alcune marche in commercio proposte in comode buste di cartone patinato, pronte all’utilizzo. Questo sia per motivi igienico sanitari (l’acqua marina deve essere microfiltrata e purificata da agenti patogeni con apposita tecnologia), sia per motivi legali.
Nel nostro ordinamento infatti prelevare acqua di mare è vietato. Spesso si tratta di vecchie norme teoricamente ‘superate’ ma che di fatto non sono mai state abrogate, come quelle riferite al monopolio del sale: ecco che il regio decreto 6 novembre 1930, vieta che si asporti l’acqua dal mare per impedire l’abusiva produzione del sale. E la legge 17 luglio 1942 che stabilisce che l’asportazione dell’acqua del mare è vietata quando non permessa con specifiche eccezioni.
Acqua di mare
Inoltre, il codice della navigazione sanziona l’estrazione abusiva di arena o altri materiali, punendo “chiunque estrae arena, alghe, ghiaia o altri materiali nell’ambito del demanio marittimo o del mare territoriale ovvero delle zone portuali della navigazione interna, senza la concessione prescritta”. Gli fanno eco numerose ordinanze regionali (es. la numero 532 del 22 ottobre 1994 della Regione Puglia), che vietano categoricamente di prelevare, trasportare, detenere, vendere e, soprattutto, utilizzare l’acqua di mare a fini alimentari, se non dietro concessione.
Serve dunque un permesso per utilizzarla come fanno oggi i produttori, non stupisce che le più diffuse nelle cucina siano spagnole, come Naturatis (acqua di mare del nord della Costa Brava, ai margini dei parchi naturali Montgrí – Illes Medes e Cap de Creus, prelevata in mare aperto, microfiltrata a freddo) ma anche alcune in Italia stanno rincorrendo gli iberici con grande successo: dalla Aquamaris che la preleva nel mar Jonio, nell’insenatura Catanese o la Mediterranea Acqua di Mare di Fasano (Brindisi). Fonte: IL GUSTO, Eleonora Cozzella, 16.02.2022