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Ott 28 2021

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ARCHEOVINI: BREVE STORIA DEI NONNI DEI VERMUTH

Michele Venturini, consulente e creatore del format The Art of Hospitality, spiega perché abbiamo dimenticato gli enoliti e i vini ippocratici e come stanno tornando di moda grazie alla mixology

Mentre il mondo del vino si divide tra naturalisti e convenzionali, c’è chi riscopre magie ancora più antiche come gli enoliti e i vini ippocratici. In Italia diverse distillerie e cantine si stanno cimentando nell’attualizzare questi vini speziati e aromatici, anticamente considerati dei formidabili medicamenti capaci di guarire il corpo e il cuore. Oggi, grazie ai mixologist contemporanei, il loro appeal è in ascesa.

Cosa sono gli enoliti

Noti anche come vini medicati o medicinali, gli enoliti sono preparazioni farmaceutiche in cui i principi attivi contenuti in erbe e spezie venivano messi a macerare nel vino. Ciò che si ottiene è una soluzione idroalcolica con potenziali applicazioni terapeutiche. Per la realizzazione degli enoliti, erano impiegati vini bianchi, possibilmente con alta gradazione alcolica, oppure liquorosi come il Porto. Infatti, queste basi evitavano eventuali fermentazioni acetiche successive. A differenza dei decotti, molto di moda nella medicina primordiale, i vini medicinali permettevano la lunga conservazione di questi preparati.

La star degli enoliti

Tra gli enoliti più famosi, anche se creato con un vino rosso come base, c’è il Barolo Chinato. Si tratta di un vino aromatizzato oggi ottenuto miscelando alcol etilico con zucchero e Barolo Docg, in aggiunta alla china, anche detta Cinchona calisaya, più un bouquet di altre spezie e piante aromatiche. Nasce nei laboratori di farmacie e speziali del Piemonte alla fine dell’Ottocento come rimedio per i malanni invernali.

Il primo a utilizzare il Barolo per creare questo vino medicinale, che andava controcorrente rispetto all’usanza dei bianchi come base alcolica, fu il dottor Giuseppe Cappellano, un farmacista di Alba. Qualche anno più tardi Giulio Cocchi diede un nome e una ricetta a questo prodotto, iniziando a produrlo e a commercializzarlo nel 1891. Oggi il Barolo Chinato viene fatto con triti di spezie poste in infusione alcolica e stabilizzate per alcuni mesi, che vanno ad aromatizzare il vino. Cocchi ha utilizzato corteccia di China calissaja, radice di rabarbaro e genziana e semi di cardamomo.
Anche se manca ancora un disciplinare, il Barolo Chinato è imbottigliato da famosi produttori di Barolo come la famiglia Ceretto, Marchesi di Barolo e Vajra. Questo vino si è trasformato da medicinale in vino da meditazione, in accompagnamento con cioccolato fondente oppure dolci a base di mandorle.

Vino ippocratico, l’antenato degli enoliti

Tra i vini medicinali di antica memoria ci sono anche i vini ippocratici. Come suggerisce il nome, per rintracciarne le origini, dobbiamo andare indietro fino al tempo di Ippocrate, V secolo a.C.
Il medico greco sarebbe stato il primo a far macerare nel vino rosso locale, corposo e spesso anche un po’ andato a male, dei fiori di artemisia absinthium e di dittamo per ottenere una bevanda digestiva e tonificante. Il tutto addolcito con del miele. I Romani, sempre affamati di ricette e ritrovati greci, migliorarono la composizione, aggiungendo timo, rosmarino e foglie di mirto. Cicerone aveva l’abitudine di offrire il vinum absinthiatum ai suoi ospiti.

I vini ippocratici, noti anche come Ippocrasso, erano citati anche da Plinio il Vecchio nel trattato Naturalis Historia, alla sezione “La medicina e le piante medicinali”. A perfezionarne le regole di preparazione nell’Alto Medioevo fu la Scuola Medica di Salerno, che si cimentò con grande impegno anche nell’arte della distillazione dei primi esemplari di grappa: furono loro a fissare le regole di questo processo nel IX secolo. E furono sempre loro a perfezionare l’infusione di cortecce e radici nell’alcol, invece che nel vino, dando vita agli enoliti. Nel basso Medioevo i vini ippocratici risentirono positivamente dei commerci veneziani, che portarono in Italia nuove spezie quali la cannella, i chiodi di garofano, il rabarbaro, la mirra, la china e il cardamomo.

La riscoperta

Proprio come per il Barolo Chinato, altre aziende italiane lavorano per produrre vini ippocratici, partendo da vini rossi (monovitigno o blend, purché strutturati), spezie e botaniche. Oggi Deborah Bosoni, figlia di Paolo Bosoni, ha dato il via al progetto Essentiae, opificio e distilleria costola della ligure Cantina Lunae. Qui ha messo a punto delle ricette, andando a scavare nella storia e aggiungendo un pizzico di fantasia. Il suo Ypocras è arricchito di botaniche e, oltre al miele, utilizza un blend di zuccheri diversi tra cui il Moscovado con sentori di caramello e liquirizia, per ammorbidire i sentori erbacei.

A molti potrebbe sembrare che il ritorno dei vini ippocratici, oscurati per lungo tempo dal nipote Vermouth, sia una strategia per dare dignità a vini poco riusciti, magari guastati anche dai cambiamenti climatici. Non è così. «Per ottenere questi prodotti è necessario partire da vini di base di buona qualità, anche perché diversamente ce ne accorgeremmo al primo assaggio».

Oggi i vini ippocratici sono ancora un prodotto di nicchia, complice anche la scarsa informazione sul relativo pairing. «Il vino ippocratico è perfetto da bere puro, accompagnando un fine pasto a base di cioccolato o con dei biscotti secchi da inzuppare nel bicchiere – spiega Venturini – È ottimo servito anche come un vin brulé, quindi appena scaldato, servito con una scorzetta di limone o arancia in una tazza». Ci sono mixologist e consulenti come Mattia Pastori e lo stesso Venturini, che stanno utilizzando gli ippocratici come variante del Vermouth. «È perfetto come base per un Americano al posto del Vermouth dolce, o per un Negroni Sbagliato». Per farlo a casa: basta prendere del ghiaccio, 30 ml di vino ippocratico, 30 ml di bitter rosso, della soda per l’Americano o del Prosecco per il Negroni Sbagliato. E non dimenticate di brindare a Ippocrate.  Fonte: Linkiesta, Gastronomika, Stefania Leo, 28.10.2021

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