Presentate le linee guida per la realizzazione di ciclovie lungo fiumi e canali: in Italia bisogna superare diverse difficoltà normative e gestionali.
I corsi d’acqua possono essere sfruttati per realizzare ciclovie © Valerio Monteri
Ciclovie e rete dei corsi d’acqua, il progetto va avanti. Risale all’inizio dell’anno la firma dell’accordo tra l’Anbi (Associazione azionale degli enti di bonifica e irrigazione), la Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta), il Centro interuniversitario di ricerche economiche e di mobilità dell’Università di Cagliari e il Politecnico di Torino – Dipartimento di architettura e design, per sviluppare percorsi ciclabili lungo fiumi e canali. Un’intesa che ha mosso un importante passo in avanti nei giorni scorsi, con la presentazione del documento “Indirizzi per una legge nazionale sul recupero a fini ciclabili delle vie d’acqua”. Lanciato in concomitanza con la Settimana nazionale della bonifica e dell’irrigazione, il lavoro propone alcune linee di indirizzo utili a definire i presupposti per un quadro normativo nazionale sul recupero ai fini ciclabili delle vie d’acqua del nostro Paese; come d’altronde avviene, già da diversi anni e con ottimo successo, in molte zone d’Europa.
In Lombardia si pedala lungo il canale Villoresi © Valerio Monteri
Un grande patrimonio infrastrutturale per le ciclovie
Il documento, che sarà presentato ai Ministeri interessati e dei tavoli tecnici di lavoro in materia, punta superare le attuali difficoltà normative e di gestione per facilitare lo sviluppo di una rete ciclabile nazionale e favorire il turismo sostenibile, che negli ultimi anni ha registrato un vero e proprio boom; il tutto in armonia con chi già opera lungo la rete dei corsi d’acqua. Il patrimonio infrastrutturale della rete italiana di canali irrigui e di bonifica è di oltre 200.000 chilometri: una risorsa potenziale per la realizzazione di ciclovie o, più in generale, di percorsi turistici da vivere a piedi o in bici.
Un progetto che deve tenere in considerazione, però, la varietà del territorio italiano e la difformità delle norme, spesso non armonizzate e diverse anche tra regioni limitrofe; e ancora i problemi di chi lavora lungo le vie d’acqua e di chi invece le vede come occasione di turismo e cultura, oltre ovviamente alla sicurezza necessaria per mantenere in efficienza le reti idriche.
Il cicloturismo è in continua ascesa © Fiab
Un’opportunità già sfruttata all’estero
A livello normativo ci sono già solide basi da cui partire. La legge n. 2/2018 “Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica”, ha previsto infatti il recupero a fini ciclabili – con destinazione a uso pubblico – delle strade arginali di fiumi, torrenti, laghi e canali, comprese le opere di bonifica, gli acquedotti, le reti energetiche, le condotte fognarie, i ponti dismessi e gli altri manufatti stradali.
Si tratta di un’occasione che in altri paesi europei è stata già colta con successo da alcuni anni, come sanno bene molti cicloturisti italiani; per la costruzione di ciclovie sono state sfruttate le infrastrutture già presenti sul territorio, utilizzando per il passaggio in bici le sponde di fiumi come il Reno o la Loira e la rete dei canali che li connettono. Un’opportunità che l’Italia non può permettersi di perdere, potendo contare su migliaia di chilometri di potenziali percorsi storici e naturalistici da valorizzare. Fonte: LifeGate, Dario Zerbi, 12.10.2021