Annata migliore del 2020, ma ancora sotto le potenzialità. Buona qualità e quantità limitata, forti differenze tra Nord e Sud. Confragricoltura: “paghiamo i fenomeni climatici”
Al via la raccolta delle olive (ph: Confagricoltura)
Buona qualità e una quantità limitata ma, comunque, in leggera ripresa sul 2020, seppur con forti differenze tra il Nord e le aree del Centro-Sud del Belpaese: è la fotografia, scattata da Confagricoltura, sulla campagna olearia 2021/22, mentre si svolgono le prime operazioni di raccolta delle olive in Sicilia. In generale, gli operatori sono soddisfatti per lo stato fitosanitario delle drupe. L’umidità controllata ha infatti contribuito a contenere gli attacchi di mosca, ma la mancanza d’acqua, dovuta ad un’estate particolarmente asciutta, limiterà la resa in molte province olivicole.
Al Nord, la produzione di olio extravergine d’oliva, in particolare in Veneto e Lombardia, è stata praticamente azzerata a causa delle condizioni climatiche avverse: prima le gelate, che hanno ritardato le fioriture, poi le grandinate estive che hanno dato il colpo di grazia, con perdite anche del 90%. In Liguria la riduzione arriverà al 50% per fitopatologie che a luglio hanno provocato cascola di frutti sani. Dimezzata la produzione in Emilia-Romagna. La situazione al Centro e al Sud, invece, si presenta estremamente variegata e altalenante a causa del clima e della disponibilità idrica. In Toscana, sulla costa, si avrà circa il 50% della produzione potenziale; nelle zone interne si andrà al 30%, ma lo stato fitosanitario è sotto controllo. In Abruzzo, rispetto allo scorso anno, la produzione registrerà un aumento del 10% con performance migliori nel Chietino e nel Pescarese.
In Umbria si avrà un calo importante, anche se la qualità è ottima. Per Marche e Sardegna si prevede una contrazione, mentre nel Lazio l’andamento produttivo si mostrerà a macchia di leopardo, con le province di Latina e Frosinone che lasciano presagire una buona raccolta, mentre Rieti, Viterbo e Roma avranno volumi più bassi. In generale ci si aspetta una riduzione del 25% sul 2020. Tiene l’olio extravergine nelle regioni meridionali, ad eccezione della Campania, dove si prevede un calo del 30%. In Molise, nonostante la siccità, si prevede un aumento del 10% e un prodotto di discreta qualità. In Puglia si annuncia un’annata di carica, ma con i volumi in parte condizionati dalla siccità. Laddove è stata possibile l’irrigazione di soccorso, evidenzia Confagricoltura, si è riusciti a tamponare a scapito di costi di produzione più elevati. Nel Salento c’è grande attesa per i primi impianti di Favolosa (varietà al batterio della Xylella Fastidiosa) che entrano in produzione quest’anno e che lasciano intravedere una luce in un territorio flagellato dalla malattia. In Sicilia c’è soddisfazione per lo stato fitosanitario; la quantità invece è variabile. Si sta già iniziando a raccogliere nella zona orientale per le produzioni di alta qualità, con rese in olio limitate fra il 6% il 10%. In Calabria la campagna presenta una situazione decisamente diversificata, con le aree costiere di Cosenza e Crotone in carica e una buona produzione anche nelle zone interne. Valida la performance anche nel Catanzarese, mentre nelle province di Vibo e Reggio le produzioni si preannunciano meno positive dal punto di vista dei volumi.
“Il settore olivicolo-oleario è fortemente influenzato dai cambiamenti climatici estremi – afferma Walter Placida, presidente Federazione Olio di Confagricoltura – abbiamo avuto una stagione segnata da una diffusa siccità, in particolare nelle regioni meridionali, che ha favorito il contenimento delle problematiche fitosanitarie, ma che ha influenzato i volumi produttivi. Soltanto le prossime settimane, con il clima che ci sarà all’inizio dell’autunno, potranno chiarire l’andamento anche in termini di resa in olio”. “Mi auguro – aggiunge il presidente Unaprol (Unione Nazionale Associazioni Produttori Olivicoli) Tommaso Loiodice – che si possano trovare le risorse finanziare da mettere a disposizione del comparto, per ampliare i sistemi di irrigazione in modo da affrontare meglio periodi di siccità che hanno caratterizzato la campagna attuale”.
L’Italia è il primo importatore mondiale di olio di oliva (da Spagna, Grecia, Tunisia, Portogallo) e il Paese che ne consuma di più: quasi 13 litri all’anno pro capite. È anche il secondo produttore, dopo la Spagna, e secondo esportatore mondiale. Il 50% dell’export nazionale è concentrato su quattro Paesi, in primis gli Usa, che accolgono il 30% del prodotto tricolore, poi Germania, Giappone e Francia. La produzione italiana copre mediamente il 15% di quella mondiale (a fronte del 45% in media della Spagna). La produzione nazionale è concentrata in tre Regioni (Puglia 49%, Calabria 14%, Sicilia 11%), è tendenzialmente in calo e soggetta a una eccessiva variabilità. Negli ultimi 4 anni si registra una diminuzione media del 55%. Fonte: WineNews, 23.09.2021
In Italia ottima qualità ma preoccupa la quantità a causa del clima. Analisi Coldiretti, Ismea e Unaprol: produzione in aumento del 15% sullo scorso anno. Ma non mancano gli interrogativi per il futuro
Al via la raccolta delle olive, in Italia ottima qualità ma preoccupa la quantitàPiù olio rispetto alla campagna 2020, una qualità ottima ma anche più di una preoccupazione per gli effetti climatici. Inizia tra buoni auspici e qualche interrogativo la raccolta delle olive in Italia con le previsioni che parlano di una produzione in aumento sul 2020 (uno dei peggiori di sempre) e di un prodotto buono e genuino che finirà nelle tavole dei buongustai. Dati che emergono da un’analisi di Coldiretti, Ismea e Unaprol per lo “start” con la prima spremitura che si è celebrata in Sicilia, nell’azienda Terra Surti di Elio Menta a Sortino (Siracusa) Contrada Albinelli, con il “miracolo” della trasformazione delle prime olive di varietà Novellara dell’Etna e Frantoio in extravergine, prodotto simbolo della dieta mediterranea in tutto il mondo.
Secondo i dati, la produzione di olio in Italia potrebbe attestarsi intorno ai 315 milioni di chili, in leggero aumento sui 273,5 milioni di chili dell’annata scorsa, in media con le statistiche delle ultime campagne ma con un risultato inferiore alle attese, secondo le stime Coldiretti, Unaprol e Ismea. Ad influenzare negativamente la stagione, l’assenza di piogge e la siccità che hanno colpito il polmone olivicolo del Paese, la Puglia, regione che produce la metà del prodotto italiano.
Nonostante un possibile incremento produttivo a doppia cifra sul 2020, frutto di un concreto miglioramento di alcune aree (punte del +40%) compensato al ribasso da altre zone, in generale la produzione pugliese resterà ben distante dagli standard tipici delle annate di carica (200 milioni di kg).
La Sicilia, dopo tre stagioni di difficoltà, potrebbe tornare sopra la soglia dei 40 milioni di kg, mentre qualche problema in più si registra in Calabria con un lieve incremento molto lontano dalla produzione massima regionale. Annata negativa per Toscana e Umbria (punte del -50%) che scontano andamento climatico incerto e potrebbero patire, a causa dell’umidità di questo periodo, possibili attacchi della mosca olearia. Tra le regioni centrali il Lazio mantiene pressochè invariata la produzione dello scorso anno.
Maglia nera della stagione appena cominciata alle regioni del Nord, Lombardia in testa, colpite da periodi di gelo e grande caldo che hanno ridotto al minimo la produzione (stime da -60 a -80%). Numeri che rendono la ripresa del settore più lenta del previsto e che rischiano di far scivolare il nostro Paese fuori dal podio della produzione mondiale.
L’avvio della raccolta rappresenta un momento importante dal punto economico ed occupazionale per una filiera che, precisano Coldiretti e Unaprol, conta oltre 400.000 aziende agricole specializzate in Italia ma anche il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa (42 Dop e 7 Igp), con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo.
Per sostenere e incrementare la produzione nazionale di extravergine Coldiretti ha presentato nell’ambito del Recovery Plan un progetto specifico legato alle reti d’impresa per il futuro dell’olio d’oliva. “L’obiettivo è rilanciare la produzione nazionale dell’olio d’oliva per confermare il primato di qualità del Made in Italy – spiega il presidente Coldiretti, Ettore Prandini – attraverso la realizzazione di nuovi uliveti, di impianti di irrigazione e costruzione di pozzi o laghetti, anche in maniera consorziata, favorendo la raccolta meccanizzata delle olive con macchinari che riducano i tempi e costi di raccolta”.
“Queste prime stime ci danno un quadro complessivo della situazione nel nostro Paese, naturalmente tutto andrà verificato con l’inizio della raccolta in tutte le regioni e i primi dati sulle rese – specifica il presidente Unaprol, David Granieri – tutti attendevamo l’annata di carica ma, purtroppo, l’andamento climatico e la grande siccità hanno colpito duramente le aziende olivicole del nostro Paese, che hanno incrementato i propri investimenti irrigui per salvare la produzione. Conserveremo ancora il primato sulla qualità ma siamo in difficoltà sulle quantità di prodotto. Per questo non sono più rinviabili interventi strutturali di rinnovamento degli impianti e recupero degli uliveti abbandonati per consentire alla produzione di tornare sui livelli di eccellenza di dieci anni fa”.
Buone notizie arrivano, comunque, dal mercato: le esportazioni di olio d’oliva Made in Italy nel mondo sono raddoppiate (+100%) in valore negli ultimi 20 anni, con un’accelerazione impressa dalla svolta green a tavola verso il consumo di prodotti salutistici legata alla pandemia Covid (analisi Coldiretti, su dati Istat per il primo semestre 2021). Con 315 milioni di chili l’Italia è il secondo produttore mondiale dietro la Spagna – il cui raccolto che sarà stabile o in leggera flessul 2020 – per un quantitativo di 1,25 a 1,35 miliardi di chili. Al terzo posto, la Tunisia con una campagna normale da 250 milioni di chili, mentre, al quarto posto, scende la Grecia in cui si prospetta una delle campagne più brutte dal dopoguerra, con la produzione che dovrebbe sfiorare i 200 milioni di chili come quella in lieve calo della Turchia. La crescente attenzione per stili di vita sani e gli effetti positivi associati al consumo di olio di oliva provati da numerosi studi scientifici hanno fatto di conseguenza impennare le richieste generando un incremento degli acquisti in valore del 5% nel primo semestre 2021. Quasi la metà di tutto l’olio italiano esportato nel mondo finisce nei Paesi dell’Unione Europea, dove gli arrivi sono aumentati del 98% nell’arco del ventennio, ma è in Asia che si registra l’impennata più significativa, con le esportazioni che sono quasi triplicate (+162%). Ma il principale mercato di sbocco per l’extravergine tricolore, rileva la Coldiretti, si conferma quello degli Stati Uniti che assorbono da soli quasi un terzo del totale, con un incremento del 73% in 20 anni, mentre al secondo posto si piazza la Germania (+95%) davanti a Francia, Gran Bretagna e Giappone. Il boom dell’olio italiano spinge anche i consumi totale che nel mondo sono arrivati a 3,2 miliardi di chili (analisi Coldiretti su dati Coi relativi all’ultimo anno), con gli americani in cima alla classifica grazie ai 357 milioni di chili che sono finiti sulle tavole fonte: WineNews, 24.09.2021