Forte crescita dei visitatori in aziende alimentari e cantine (15 milioni di presenze). Le visite riguardano sempre più la lavorazione dei prodotti
Visita a un prosciuttificio di Parma (in un periodo pre-Covid)
Turisti in fabbrica: chi l’avrebbe mai detto, solo qualche anno fa? Eppure l’aumento dei viaggi a tema enogastronomico (arrivati a coinvolgere il 55% degli italiani contro il 21% del 2016, secondo il Rapporto sul turismo enogastronomico italiano) e il crescente interesse per il “dietro le quinte” del mondo alimentare stanno spingendo una nuova forma di turismo: quello d’impresa, che permette a tutti di andare a vedere con i propri occhi come vengono prodotti i cibi e le bevande. E, magari, di cimentarsi a “mettere le mani in pasta”.
«Quello del living industry tourism è un fenomeno recente e sta riscuotendo un interesse forte e crescente – afferma Roberta Garibaldi, professore di Tourism management all’università di Bergamo e curatrice del Rapporto sul turismo enogastronomico italiano –. I turisti hanno desiderio di vivere esperienze reali e l’enogastronomia è un linguaggio universale, che coinvolge davvero tutti, in particolare in un Paese orgoglioso del suo cibo com’è l’Italia».
Sulle orme dell’enoturismo
Il turismo del gusto è già una voce importante dell’economia nazionale. Il più consolidato è l’enoturismo, che, rivela il Rapporto sul turismo del vino, vanta 15 milioni di presenze e genera 2,65 miliardi di euro di fatturato annuo. In crescita appaiono le food experience, per cui nel 2020 gli italiani, secondo l’Osservatorio Turismo Nomisma/Unicredit, hanno speso 354 milioni di euro, soprattutto partecipando a tour a tema o visitando aziende agricole.
Ma l’offerta di esperienze “immersive” nel mondo del food è in evoluzione: alcune sono mature (come le visite in cantina), altre hanno un grande potenziale ma sono tutte da sviluppare. «I turisti mostrano il desiderio di conoscere cosa c’è dietro i prodotti e di partecipare alle buone pratiche aziendali. In particolare vorrebbero visitare aziende di cioccolato, pasta, liquori e formaggi (questi ultimi indicati soprattutto dagli stranieri)», aggiunge Garibaldi. Ma qualcosa sta cambiando.
Non solo degustazioni
Se finora in Italia il gastroturista poteva girare per vigneti e uliveti, fare degustazioni in cantina o shopping in una sagra dedicata a una specialità locale, ora può anche andare ad assistere al ciclo di produzione di alcune eccellenze dell’agroalimentare italiano (come il Parmigiano Reggiano o l’Aceto Balsamico di Modena) o di famosi alimenti di marca (dalle Pastiglie Leone ai panettoni Loison).
L’esperienza più consolidata è quella di made in Torino. Tour the Excellent, nato nel 2005 come progetto di turismo industriale su proposta della Camera di commercio e gestito da Turismo Torino e Provincia, oggi coinvolge una sessantina di imprese di vari settori merceologici (come l’automotive e l’aerospaziale) che finora hanno accolto 32.900 visitatori, tra singoli e gruppi. Ed è il food a fare da traino sia come numero di imprese coinvolte (come Lavazza, Guido Gobino e Caffarel) sia come presenze, visto che rappresenta il 45% degli ingressi. L’alimentare è stato scelto come capofila anche per Imprese Aperte, il progetto pilota avviato dall’associazione “Parma, io ci sto!” e dall’Unione Parmense degli Industriali per valorizzare le aziende della food valley. Sono una decina (come Parmalat, Rizzoli Emanuelli, Fratelli Galloni e Agugiaro & Figna) che offrono visite guidate gratuite.
Dal Piemonte alle Marche
Fileni, Varnelli, Umani Ronchi e Paoletti sono alcuni dei nomi di spicco del food&beverage marchigiano che hanno aderito a Visit Industry Marche, il progetto co-finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale per le imprese culturali creative, che ha messo in rete aziende, servizi ed enti locali dell’intera regione, costruendo sette itinerari che abbinano la visita alle realtà produttive con la scoperta delle bellezze naturali e artistiche della regione. «Il progetto è stato lanciato appena prima della pandemia e accolto con entusiasmo, ma il Covid ci ha costretto ad annullare molte prenotazioni, per cui nel 2020 le presenze sono state limitate – spiega Alessandro Carlorosi, direttore dell’associazione Paesaggio Eccellenza, uno dei registi dell’iniziativa –. Ora stiamo ricevendo molte richieste e abbiamo già diverse prenotazioni per l’autunno».
L’opportunità di entrare in uno stabilimento sembra suscitare un interesse maggiore rispetto alle principali attrazioni turistiche, com’è emerso da uno studio dedicato al sentiment sul web effettuato da The Data Appeal Company – Travel Appeal. «L’analisi ha riguardato le Marche ma credo che possa essere estesa a molti altri territori che hanno una forte identità a vocazione produttiva», prosegue Carlorosi. Anche i risultati per le aziende sono interessanti, come ha rivelato il cruscotto di valutazione realizzato da Visit Industry Marche per misurare il costo/beneficio delle visite d’impresa. Le ricadute positive non riguardano solo l’aspetto commerciale ma anche il ritorno sull’immagine aziendale, sulla sua visibilità e sui suoi dipendenti.
Ricco calendario autunnale
«L’enogastronomia sarà il motore che farà ripartire il settore» ha detto Alessandra Priante, direttrice per l’Europa dell’Unwto, l’agenzia specializzata dell’Onu. E settembre sarà un bel banco di prova, visto che dà inizio all’”alta stagione” del turismo del gusto. Si inizia l’ 11-12 settembre con il Festival del Prosciutto di Parma, che prevede anche visite nei salumifici, e con Acetaie Aperte (26 settembre), manifestazione consolidata e apprezzata (10-15mila presenze per edizione) che coinvolge una trentina di produttori di Aceto balsamico Dop e Igp nel modenese. Sono stati 5mila i visitatori che nel 2020 hanno aderito a Caseifici Aperti, la manifestazione annuale (quest’anno in programma l’11 e il 12 settembre, ndr) che consente di vedere dal vivo la produzione del Parmigiano Reggiano e di partecipare a tante attività in una trentina di produttori. «È un evento fondamentale per trasmettere i valori distintivi della nostra filiera» spiega il presidente del Consorzio di tutela, Nicola Bertinelli . Oggi, infatti, grazie alla Parmigiano Reggiano Experience, in ogni momento dell’anno si può prenotare online la visita a un caseificio. Un’opportunità che piace, visto che, nel triennio 2017-2019, le visite sono aumentate del 54%, coinvolgendo 168mila turisti, per il 61% stranieri.
In forte aumento sono i pacchetti di esperienze per foodies proposti in modo strutturato da alcune province (come Make in Brescia) o regioni, come il Friuli Venezia-Giulia, che ha messo in catalogo oltre 150 esperienze a tema lungo la Strada del Vino e dei Sapori. Anche una meta top come la Toscana sta rimodulando il suo approccio al gastroturismo. Prova ne è il rinnovamento di Vetrina Toscana, il progetto riconosciuto come best practice dalla Commissione Europea, che oggi conta su una rete di oltre 300 produttori, 320 botteghe e 1.000 ristoranti.
Del resto, sembra che le opportunità del gastroturismo siano molte, e tante siano ancora inesplorate. Come la sua declinazione in chiave business. «Appena siamo partiti, a fine 2019, abbiamo avuto richieste di team building e ora stiamo lavorando allo sviluppo del turismo d’affari, per cui offriamo a espositori e visitatori la possibilità di fare esperienze di gusto, dalla cena con cucina tipica all’acquisto di box di prodotti tradizionali, che a breve saranno venduti anche su una piattaforma di ecommerce» afferma Gianluca Ubelli, responsabile operativo del progetto Assapora Piacenza, con cui il Consorzio Piacenza Alimentare ha messo in rete una sessantina tra cantine, salumifici, caseifici e altre aziende del food che si possono visitare prenotando online, in autonomia o con un tour organizzato.
Il fiorire del turismo d’impresa nel food ha determinato anche la necessità di eventi di portata più ampia. Come Wefood, il festival che apre le porte di un centinaio di aziende del Nord-est proponendo un fine settimana di showcooking. Wefood è subito cresciuto sia come copertura territoriale (oggi coinvolge anche a Lombardia ed Emilia-Romagna) sia come frequenza, passando da una a due edizioni annue. Con l’obiettivo di arrivare a quattro, una per stagione. «Vogliamo diventare il punto di riferimento per le visite nei luoghi di produzione del food & beverage in Italia– spiega la curatrice della manifestazione Alessandra Pizzi – e coinvolgere le aziende d’eccellenza che oggi sono già un centinaio, come Lattebusche, Astoria Vini, Distilleria Ceschia, Masi Agricola e Loison». Fonte: Il Sole 24 Ore, Manuela Soressi, 6.09.2021