Si chiama “Presidio Slow Food dei fagioli di Carrazzo dei Nebrodi” coincide con i Monti Nebrodi, tra la Vallata del Valdemone e la Vallata del Fitalia, fino all’altopiano di Ucria e il comune di Floresta, in provincia di Messina, l’ultimo patrimonio genetico recuperato grazie al sostegno del Parco naturale regionale dei Nebrodi, dal Comune di Ucria e dalla Banca vivente del germoplasma vegetale dei Nebrodi.
Le caratteristiche
Carrazzo, significa proprio rampicante, che in quest’area della Sicilia sono accomunate dalle caratteristica di crescere avvinghiati a tutori fatti con le canne, con i polloni di nocciolo oppure con reti, pur mantenendo forma e colori diversi gli uni dagli altri, oltre che naturalmente un’identità ben precisa esplicitata anche dal nome.
Si tratta di nove ecotipi accomunati dall’area di produzione, dalla buccia sottilissima e dal fatto di essere rampicanti. All’apparenza, invece, sono tutti diversi: coloratissimi e dal fascino irresistibile, come confessa un coltivatore.
Nomi curiosi
I nomi sono assai curiosi: c’è il fagiolo lumachedda, di colore marroncino chiaro con venature marrone scuro; il setticanni, dal seme nero; l’ucchittu santanciulisi e l’ucchiuttu di Santa Lucia, al contrario, sono bianchi; c’è il buttuna di gaddu, rosato e nero e il pinuttaru, rosa con venature viola. E poi tre ecotipi chiamati crucchittu, coltivati nell’alta valle del torrente Naso: vanno dal colore rosso vinoso al viola scuro screziato di rosa. Tutti e nove si caratterizzano per la quasi totale assenza di buccia, caratteristica che li rende altamente digeribili, e per rappresentare la tradizione agricola dei Nebrodi.
La storia dei fagioli di Carrazzo
Fagioli che vengono coltivati almeno dalla metà dell’Ottocento, in particolare in prossimità delle sorgenti, tra i 600 metri di altitudine fino ai 1200 metri. Un territorio caratterizzato da forti pendenze e, proprio per questa ragione, ben poco adatto a produzioni intensive. Più semplice, si fa per dire, seminare i fagioli negli appezzamenti di terra pianeggiante ricavati dai terrazzamenti: piccole superfici, che garantivano ai contadini una produzione appena sufficiente per il consumo familiare, magari nella ricetta più tipica e semplice di tutte, lessi e conditi con un filo di olio extravergine (a piatto, come si dice in dialetto). Poi, a partire dagli anni ’60, la presenza degli orti sui Nebrodi ha subito un lento declino.
La Banca vivente del germoplasma vegetale di Ucria
Per Salvatore Granata, referente Slow Food del Presidio al riguardo dice: «Tutto è nato dalla collaborazione tra il Parco dei Nebrodi e il Dipartimento di Scienze Botaniche dell’Università di Palermo, che insieme hanno dato vita alla Banca vivente del germoplasma vegetale a Ucria, un luogo destinato alla conservazione della biodiversità e della salvaguardia del patrimonio naturalistico e ambientale di varie specie vegetali, sia forestali che agricole, e l’annesso “Giardino dei Semplici”, un orto per la riproduzione dei semi».
Negli anni, la Banca del germoplasma ha studiato la tradizionale coltivazione di fagioli nel territorio dei Nebrodi, raccogliendo e catalogando i semi di diverse varietà: alla fine, il loro numero sfiorava quota 60. «Come comunità abbiamo pensato che conservare i semi non fosse sufficiente – prosegue Granata – ma che bisognasse diffonderli, inducendo i coltivatori locali a valorizzare queste specie tornando a coltivarle». Gli obiettivi? «Fungere da barriera contro l’omologazione dei fagioli coltivati intensivamente, scongiurare la perdita di varietà e, naturalmente, anche produrre reddito».
I fagioli di Carrazzo riconosciuti come presidio
Dei circa sessanta fagioli censiti, quelli riconosciuti Presidio Slow Food sono nove. La scelta, spiega il referente di Slow Food, è caduta «su quelli antichi, quelli cioè la cui presenza è attestata più indietro nel tempo, e su quelli dalle caratteristiche organolettiche migliori, maggiormente apprezzati dal mercato».
I produttori che aderiscono al Presidio Slow Food dei fagioli di Carrazzo sono otto. Il loro referente, Stefano Lembo, ha meno di 40 anni, con una passione spiccata per il territorio dei Nebrodi e dei sfavillanti fagioli.
Stefano Longo responsabilmente afferma che: “sono convinto che, per tanti ragazzi come me, questa produzione possa rappresentare una strada, uno sbocco anche professionale». Fonte: Sicilia Agricoltura, Mario Liberto, 4.09.2021