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Giu 16 2021

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LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE: ECCO PERCHÉ DOBBIAMO SALVARE IL SUOLO DAL DEGRADO

Recuperare il suolo impoverito è essenziale non solo per contrastare la desertificazione, ma per raggiungere tutti gli obiettivi dell’Agenda 2030: ecco i temi della Giornata mondiale per la lotta alla Desertificazione e alla Siccità.

Un albero oppone resistenza al deserto nel Sahel nigeriano, la fascia di transizione tra le zone desertiche e quelle coperte dalla vegetazione. Shutterstock

Se dovessimo indicare un’unica via d’uscita dalla pandemia verso un futuro più sostenibile, potremmo scommettere tutto sul recupero del suolo. Ripristinare il terreno degradato da agricoltura intensiva ed estrazione di risorse, dai cambiamenti climatici, dalla costruzione di infrastrutture e dall’urbanizzazione spiana la strada a una serie di ricadute positive: crea posti di lavoro, fa crescere il reddito, aumenta la sicurezza alimentare, sottrae carbonio dall’atmosfera, rallenta i cambiamenti climatici e protegge dai loro impatti, ricostituisce la biodiversità.

Quest’anno l’obiettivo della Giornata mondiale per la lotta alla Desertificazione e alla Siccità (Desertification and Drought Day), che si celebra il 17 giugno, è dimostrare che investire in un suolo sano è una soluzione economica efficace, utile non solo per creare posti di lavoro ma anche per costruire un ammortizzatore di emergenza contro le future crisi causate dai cambiamenti climatici e dalle perdite ecosistemiche.

Perdita di valore. Poter contare su un suolo in salute è fondamentale per la sopravvivenza umana. Dal terreno traiamo cibo, fibre e mangime, gli alberi radicati nel suolo regolano il clima e la temperatura, dal suolo affiorano le nostre riserve d’acqua. Ma mentre esige tutto questo dal suolo, l’uomo lo ricopre di costruzioni, lo impoversce di risorse e lo rende improduttivo, provocando la perdita di biodiversità e di servizi ecosistemici, l’avanzare della desertificazione e l’aumento di gas serra in atmosfera.

Senza aree verdi a fare da “cuscinetto”, ci sono meno zone selvagge che ci separano dal rischio di malattie zoonotiche e che possano tamponare i danni di eventi climatici estremi come siccità, inondazioni e tempeste di sabbia. Ad aggravare un utilizzo sconsiderato del suolo si è aggiunta la crisi economica dovuta alla covid, che ha portato a un rilassamento degli standard ambientali industriali in nome di una rapida ripresa degli affari.

situazione attuale. Oggi quasi tre quarti del suolo libero da ghiacci è stato trasformato per soddisfare la domanda di cibo e di materie prime grezze, e per ospitare insediamenti umani. Si calcola che 3,2 miliardi di persone riscontrino una peggiore qualità di vita a causa della degradazione del suolo, che è anche la principale ragione della trasmissione di malattie emergenti all’uomo (per il 60% di origine zoonotica). Quasi un milione di specie rischia l’estinzione, e una delle cause principali è proprio il cambiamento nella gestione del suolo. Oltretutto la degradazione del suolo è un’opportunità persa per sequestrare carbonio dall’atmosfera e cercare di non oltrepassare i +1,5 °C di riscaldamento dall’era preindustriale.

Prospettive cupe. Entro la metà del secolo, il degrado del suolo, l’avanzata della desertificazione e i cambiamenti climatici potrebbero ridurre i raccolti del 10% a livello globale, con punte del 50% in alcune regioni. Ciò determinerà un rialzo del 30% nei prezzi del cibo, minerà i progressi nel contrastare la fame e la malnutrizione e condurrà alla povertà milioni di agricoltori: 135 milioni di persone potrebbero restare senza una casa entro il 2045, movimenti migratori che porteranno instabilità e tensione come già accaduto in diverse regioni del mondo, a cominciare da quella mediterranea.

Che cosa possiamo fare. In occasione del Decennio di Ripristino dell’Ecosistema (2021-2030) voluto dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) e dalla FAO (Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura), oltre 100 Paesi si sono impegnati a ripristinare quasi un miliardo di ettari di suolo in dieci anni, un’area grande quasi come la Cina. L’iniziativa è un appello alla protezione e al rilancio degli ecosistemi di tutti i continenti per contrastare i cambiamenti climatici e fermare la perdita della biodiversità, migliorare la sicurezza alimentare e l’approvvigionamento idrico.

L’invito è tornare a considerare il suolo come un prezioso capitale naturale al quale dare la priorità. Di questo miliardo di ettari, 250 milioni potrebbero essere ripristinati per produrre cibo, migliorare la sicurezza economica e gli standard di vita di intere comunità. Ripristinare anche soltanto 350 milioni di ettari di ecosistemi degradati da qui al 2030 rimuoverebbe fino a 26 miliardi di tonnellate di gas serra dall’atmosfera, quasi la metà di quanto emesso globalmente nel 2019.

ripartire dal verde. Se ci impegnassimo seriamente in questo compito, godremmo di enormi benefici per le persone e per il pianeta. Soprattutto, aiuteremmo le donne e i giovani, che tendono ad essere marginalizzati in tempi di crisi. Contrastare il degrado del suolo con soluzioni moderne e tecnologiche tornerebbe ad attrarre i giovani nelle loro comunità e darebbe una spinta all’occupazione femminile.

Nei Paesi in via di sviluppo le donne sono fortemente coinvolte nella gestione del suolo e nell’agricoltura, e sono le principali responsabili dei fabbisogni nutrizionali delle loro famiglie. Per questo guadagnerebbero moltissimo dall’aumentata produttività delle terre, e avrebbero inoltre l’esperienza e le conoscenze giuste per contribuirvi. Le storie positive non mancano e possono essere una fonte d’ispirazione. In Niger, i tentativi di recupero del suolo hanno aumentato la copertura forestale di 20 volte in 30 anni, aiutando a raddoppiare le entrate dei contadini e migliorando la resa dei cereali in media del 10%. Fonte: Focus, Elisabetta Intini, 16.06.2021

 

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