L’insieme delle leggi fisiche, chimiche e biologiche è alla base di ogni aspetto della nostra esistenza. Per questo, quando si elabora una qualunque proposta politica, il porre la Natura in competizione con altri argomenti per l’attribuzione di spazi e risorse non è soltanto ingiusto e inopportuno, ma è anche razionalmente sbagliato (per non dire folle)
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Sgombriamo il campo da un enorme malinteso: l’ambiente non è un tema di cui occuparsi. Proprio così, non ci sono refusi. L’ambiente non deve essere un tema al quale cercare di conquistare spazio e risorse tra economia, trasporti, sanità, cultura e mille altre problematiche di cui ci occupiamo attraverso la politica e l’organizzazione della vita sociale. Considerarlo un tema politico tra gli altri significa sminuirne l’importanza e, quindi, destinarlo alla sconfitta in partenza.
L’ambiente è il presupposto, sul quale i temi della politica e dell’organizzazione della vita sociale si costruiscono; da esso dipendono le politiche e le scelte su ogni fronte. Il perché è semplice: l’ambiente è la base della vita e della nostra civiltà, in ogni sua forma, aspetto e declinazione. Prima che ingiusto e inopportuno, porlo in comparazione con altri temi, quanto all’attribuzione di spazi e risorse, è logicamente sbagliato.
In concreto, quello che definiamo ambiente è un insieme di leggi fisiche, chimiche e biologiche da cui tutte le altre attività, problematiche e ogni aspetto della vita dipendono. Sottolineato cinque volte: tutto e ineluttabilmente.
Oltre a essere uno straordinario insieme di bellezza ed emozioni, comunque importanti per la qualità della nostra vita, la natura fornisce servizi, sostanze essenziali e materie prime, che possiamo inquadrare in parametri, dati, valori di cui dobbiamo tenere conto per costruire il futuro. Un futuro ricco di opportunità, progetti e proposte innovative, di lavoro, di benessere, di attenzione alla salute, al cibo, alla cultura… Esattamente il contrario del catastrofismo che a volte si tenta di attribuire a chi si occupa di conoscere e tutelare la natura.
La sfida di un’amministrazione e di una politica davvero ambiziose, che guardano al futuro, al benessere (ovviamente anche economico) e alla salute deve essere quella di utilizzare l’ambiente come lente attraverso la quale leggere ogni altra politica. Non un tema tra gli altri, quindi, ma la pre-condizione, la base da cui partire, il filo conduttore.
Questo va rivendicato con chiarezza. E non si tratta di una “concessione” a un certo tipo di sensibilità ma di un dato di fatto, un’ovvietà: tutti dobbiamo respirare, bere e mangiare, indipendentemente dal fatto che ci piacciano i fiori o la meccanica. E le leggi fisiche che regolano la vita e le dinamiche del Pianeta esistono, procedono del tutto indifferenti al fatto che noi ne teniamo conto o no. In ogni caso sarà lui – quello che genericamente definiamo “ambiente” – a occuparsi di noi. Non tenendo conto dei dati, delle leggi fisiche e, in generale, della scienza, è più probabile che creeremo le condizioni per ulteriori e grossi guai: per noi, i nostri figli, nipoti e pronipoti.
La nuova definizione data all’ex Ministero dell’Ambiente – “Transizione Ecologica” – sarebbe perfetta, perché starebbe a indicare un passaggio concettuale fondamentale. Ma avverrà davvero? In questi giorni si parla di Recovery Fund, di Pnrr; tra pochi mesi ci saranno una serie di importanti sfide elettorali amministrative e sempre si analizzano proposte e programmi con un occhio alla sanità, uno ai trasporti, uno alla cultura e poi all’urbanistica, alla gestione dei rifiuti, alla sicurezza, alle attività produttive, al lavoro eccetera
In mezzo a tutti questi temi si intravede anche l’ambiente: a volte la questione si risolve declinandola con un po’ di attenzione agli “amici a quattro zampe”, altre volte con ambizioni più ampie. Ma dovremmo pretendere il rovesciamento dell’ottica: chiedere la presentazione di piani e programmi che innanzi tutto tengano in considerazione le risorse a disposizione, le dinamiche climatiche in corso, costruendo un futuro sostenibile e non un futuro pieno di ipoteche.
Inserire l’ambiente nell’elenco degli argomenti su cui avere un’opinione, magari condizionata da ideologie, favorisce inoltre la proposizione di una dicotomia ambiente/benessere che non esiste. Anzi, è vero il contrario: in un ambiente più sano, c’è meno povertà e ci sono più lavoro, più sicurezza, più salute.
Le leggi fisiche sono immutabili, quelle economiche sono convenzioni umane mutevoli e aleatorie. Un’attività economica con un pesante impatto ambientale può produrre lavoro e ricchezza in un’area ristretta e un arco di tempo ridotto, ma produce anche effetti pesantissimi sulla salute, sulla sicurezza, sulla vivibilità creando conseguenze devastanti (anche economiche) a medio e lungo termine.
Gli studi nei vari campi della scienza ci dicono che il cambiamento climatico e gli inquinamenti sono le principali cause delle migrazioni e dei conflitti (che a loro volta causano migrazioni) in ogni parte del mondo. E le stime ci avvertono: queste dinamiche sono destinate a un’enorme crescita.
L’ambiente e la sostenibilità sono quindi la base per ogni altro aspetto della nostra vita. Di questo l’uomo ha tenuto spesso conto, nel corso dei millenni, magari non consapevolmente ma semplicemente in base all’esperienza diretta, in maniera quasi istintiva: programmando il futuro in base alle risorse disponibili. Quando non lo ha fatto, ne ha pagato le conseguenze, anche pesantissime: i disastri cosiddetti “ambientali” sono quasi sempre frutto della mancanza di lungimiranza o programmazione, il frutto di un ingiustificato senso di onnipotenza rispetto alle leggi fisiche.
Ora, oltre all’esperienza diretta, abbiamo anche le conoscenze scientifiche, economiche, sociali ed etiche per rafforzare questo quadro. Non tenerne conto è sbagliato, imprudente e poco efficace. È quello che facciamo in termini molto più banali e semplici ogni giorno: ci vestiamo in maniera adeguata al tempo meteorologico, prendiamo gli strumenti che ci servono per lavorare, compriamo il cibo che ci serve per nutrirci e avere le energie sufficienti alla giornata.
Se qualcuno, a gennaio e sotto una nevicata, uscisse in bermuda e ciabatte con il codice civile sotto braccio, il camice bianco indosso e lo stetoscopio al collo per andare a fare l’idraulico portandosi del fieno per il pranzo cosa penseremmo? Che è un folle perché non tiene conto degli elementi, delle necessità per svolgere il proprio lavoro in modo efficace, dell’energia necessaria al proprio metabolismo e delle caratteristiche del proprio apparato digerente. Metterebbe a rischio la propria salute e il proprio futuro.
Beh, è quello che stiamo facendo non considerando l’ambiente – ma altri fattori – come l’elemento base su cui disegnare il nostro futuro. Fonte: Linkiesta, Franco Borgogno, 03.05.2021