All’alba di un nuovo periodo in rosso, sperando che non ce ne debbano essere altri, proviamo a rispondere ai tanti quesiti sul prossimo futuro, sulla ripresa e su come avverrà, animati da una sola certezza: dovremo essere pronti
Trascorso un anno dal giorno in cui le vite di tutti noi sono state sconvolte da un evento imprevedibile come la pandemia da COVID-19, siamo ripiombati, nella maggior parte dei casi, nella condizione di sospensione più rigida delle attività lavorative, quasi tutte.
In particolare su queste pagine trattiamo di cibo e ristorazione ed è di questi argomenti che vogliamo ancora una volta ragionare, per ciò che sta succedendo, ma soprattutto per ciò che succederà dopo.
Perché il dopo, a questo punto, lo riusciamo a intravedere, anche se facciamo molta fatica a farlo nitidamente, perché la nostra vista è annebbiata da un anno lungo e intenso, che ha messo a dura prova la nostra resistenza. Per questo, oggi, nonostante l’energia e la creatività dimostrate negli ultimi mesi, ci sentiamo tutti più stanchi e temiamo di non farcela a superare quello che, forse, potrebbe essere l’ultimo stop and go che le attività di ristorazione dovranno subire.
La zona rossa, inevitabile, che anche quest’anno, dopo tante altre festività perse, impedirà di vivere una Pasqua normale, potrebbe essere l’ultimo miglio di questo anno orribile, grazie a una campagna vaccinale avviata e che si spera si trasformi da diesel in motore elettrico e subisca una imponente accelerazione
Ma saremo pronti a uscirne nel modo più efficace? E poi, saremo gli stessi di prima? Quanti locali non ci sono già più e quanti chiuderanno ancora? Saremo pronti a rispondere a una domanda che potrebbe sorprendere per come cambierà, qualitativamente e quantitativamente?
L’offerta che i consumatori ricercheranno sarà la stessa di prima, o tutto quanto accaduto in questo anno avrà cambiato le esigenze comuni? E il mondo della ristorazione sarà in grado di intercettarle e soddisfarle?
Inoltre, quanto ci si è arrabattati a realizzare con tenacia, inventiva, determinazione in questi mesi, servirà ancora? Continueremo a investire su servizi di delivery, trasformandoli in progetti complementari all’offerta di ristorazione classica, sperando in un fatturato in più che migliorerà l’economia di scala della nostra impresa, oppure li abbandoneremo tornando a comportarci come prima?
Tante domande alle quali è venuto il momento di fermarsi a dare risposte, che saranno fondamentali per affrontare efficacemente il ritorno a una normalità che, mettiamocelo in testa, non sarà più quella di prima, inutile fingere di non averlo capito. I ristoratori dovranno dimostrare, prima di tutto a se stessi, di essere pronti, di aver compreso la lezione che questa pandemia ha somministrato a molti, quasi fosse una dose di olio di ricino.
La domanda cambierà, inevitabilmente e dopo la naturale diffidenza iniziale, figlia anche dell’abitudine perduta, è molto probabile, in particolare per quella gran fetta di cittadini che non hanno subito alcuna perdita del proprio tenore di vita, che ci sarà una spinta enorme, psicologicamente comprensibile, a uscire, a viaggiare. Costoro, però, non avranno solo fame di “fuoricasa”, costoro saranno inevitabilmente più esigenti, o meglio, avranno esigenze diverse e magari cercheranno esperienze più semplici, più vere e concrete ed è a ciò che bisogna saper rispondere per non soccombere.
Ristoratori, albergatori, in una parola ospiti, siete sicuri di essere pronti ad accogliere e affrontare con successo quello che sarà il vero cambiamento o, comunque, rispondere a quella ondata che, a partire prudenzialmente dall’estate, si produrrà, aumentando sempre più con numeri che faranno dimenticare in fretta i picchi raggiunti prima del 2020 e si spera possano cancellare il ricordo del profondo rosso in cui si era caduti?
Non è solo incrollabile ottimismo il nostro, ma è osservazione dei fenomeni umani, certezza della forza di risalita che c’è in ciascun uomo, lettura dei dati di crescita economica esponenziale registrati dopo ogni crisi mondiale.
Abbiamo imparato a sopravvivere con pochi ristori e tanto olio di gomito per mantenere vivo quel filo invisibile, ma solido, con i clienti, ora abbiamo ancora poche settimane per prepararci a correre e non fermarci più. Una metafora letta in questi giorni offre un’immagine efficace del momento che stiamo vivendo, un foglio di carta e un elastico, chiudiamo la mano e stringiamoli forte, riapriamo la mano, il foglio sarà stropicciato, l’elastico no.
È l’ultimo miglio? Sì, allora prepariamoci a essere elastico. Fonte: Linkiesta, Aldo Palaoro, 15.03.2021