La pandemia stravolge i paradigmi. Il ruolo degli chef per Cristina Bowerman, del turismo per Roberta Garibaldi, di imprese e politica per Andrea Illy
“In questo momento la centralità del cibo è un elemento determinante per capire il difficile momento che stiamo vivendo. Tutti siamo viventi perché mangiamo, ma in alcune aree il diritto al cibo non è riconosciuto e la sua produzione intensiva genera incompatibilità ambientali. La grande sfida che abbiamo davanti è comprendere la connessione tra il cibo, l’ambiente, l’uguaglianza e la geopolitica del mondo, e soprattutto con la salute. Ma aggiungo tematiche quanto mai moderne come la bellezza dei territori, l’integrità di paesaggi che vanno mantenuti e l’equilibri e il rispetto verso questa bellezza, che mai come in questo momento necessitano di un’interpretazione politica alta e significativa. Il mondo del cibo è stretto tra due esigenze, quella del bisogno e quella del piacere alimentare, che pur connesse, non interagiscono: la sola attenzione all’elemento ludico ci fa perdere di vista le situazioni di disuguaglianza e la sofferenza degli ecosistemi; la sola attenzione agli ecosistemi senza capire che dietro ci sono persone e comunità che lo producono per noi porta ad un ambientalismo sterile. E noi dobbiamo riconnetterle”. Ecco l’idea per un cambiamento necessario nel difficile momento che stiamo vivendo con la pandemia e nel quale il cibo ha un ruolo cruciale, che, ancora una volta, arriva dal fondatore di Slow Food Carlin Petrini, a “Davos agenda: Food, sustainable & irresistible. Un link per scoprire il lato sostenibile del cibo”, diretta web de “La Stampa” dal Museo del quotidiano a Torino, di scena, nei giorni scorsi, per il World Economic Forum 2021. Una riconnessione che, per Petrini, “necessita di una visione politica che va condivisa e che metta insieme l’equità delle produzioni agricole, la difesa degli ecosistemi e la sostenibilità ambientale. Mi piace citare una frase di Edgar Morin: da questa crisi stanno nascendo idee originalissime e di solidarietà, ma la domanda che dobbiamo porci è chi le metterà assieme in un progetto politico che sappia realizzare il cambiamento?”.
“La contemporaneità di tre crisi che il pianeta sta affrontando, pandemica, economica e climatica, richiede a noi tutti di pensare a nuove visioni in grado di cambiare quei paradigmi che riteniamo inamovibili – ha detto Petrini a tu per tu con il giornalista Luca Ferrua, digital editor de “La Stampa” ed esperto di enogastronomia, da Pollenzo – primo tra tutti, un’economia i cui parametri di qualità e sostenibilità si determinano solo con il profitto. L’attenzione alle grandi tematiche dei beni comuni e relazionali ci fa invece riflettere su quanto è importante, e per me anche stimolante e gioioso, questo cambiamento. Che non è un processo di mortificazione, ma di rigenerazione, e dobbiamo cogliere il momento per trovare le forze e le capacità di cambiare questi paradigmi che ci hanno portato al punto massimo di disuguaglianza dell’ultimo secolo, che rischia di diventare di non ritorno rispetto alla stessa esistenza dell’homo sapiens nel nostro pianeta”.
Secondo Petrini “pensare al cibo come abbondanza, di fronte a chi non lo ha, non è una questione di piacere. Il vero piacere del cibo passa attraverso il saperlo condividere ed avere una visione giusta della sua filiera, partendo dall’esigenza di prezzi equi e giusti per contadini e pescatori e dalla sensibilità verso un’umanità dolente che in molte parti del mondo non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena. Il piacere non è esclusivo per chi ha i soldi, ma come morigeratezza e coscienza di ciò che si mangia è un diritto per tutti”.
“Se vogliamo salvare il pianeta ed essere sostenibili – ha detto il vicedirettore del giornale Marco Zatterin – dobbiamo mangiare bene, perché siamo ciò che mangiamo. Ma non è sempre così”. Per la chef stellata e guru della sostenibilità Cristina Bowerman “eticamente e moralmente non possiamo ignorare che milioni di persone muoiono di fame mentre noi sprechiamo così tanto cibo. Alcuni mangiano bene, molti altri no, mentre un terzo della produzione mondiale di cibo va sprecato. Mi occupo di questo tema con diverse organizzazioni tra le quali tengo molto a “Chef Manifesto”, iniziativa mondiale cui aderiscono molti chef per rispondere alle domande mangiamo bene? Stiamo dando i giusti insegnamenti?. Come chef dobbiamo insegnare che il cibo si può usare in tante maniere, a partire dal ricavare piatti deliziosi da ingredienti inutilizzati perché la gente possa fare lo stesso anche a casa. È normale che nei ristoranti ci sia dello spreco perché scegliamo cibi selezionati e solo alcuni ingredienti, ma è soprattutto nelle cucine di famiglia che si può fare la differenza ed imparare a scegliere meglio ed essere curiosi”. Ma il nostro stile di vita, soprattutto prima del Covid, era veramente frenetico e “andavamo dal macellaio e compravamo le cose più facili, tenendo a freno quella curiosità tipicamente italiana verso il cibo che ha diffuso nel mondo la nostra cultura”.
Imparare a scegliere meglio ed essere curiosi sono fondamentali anche quando viaggiamo e facciamo un “turismo responsabile”. “Con il turismo enogastronomico è possibile soddisfare le esigenze del turista come la scoperta di nuovi territori e delle loro aziende e, allo stesso tempo, aiutare le realtà locali ad essere sostenibili – secondo l’esperta di turismo enogastronomico Roberta Garibaldi, membro del board e ambasciatrice per l’Italia della World Food Travel Association – dati ci dicono che negli ultimi 10 anni c’è stato un interesse crescente per le esperienze enogastronomiche, con percentuali tra chi vuole viverle che oltrepassano il 90% dei turisti. Ci sono già molti viaggiatori del genere nel mondo e molti sono Millennials, dagli Usa alla Cina e al Giappone. Nel lockdown abbiamo visto sempre più persone interrarsi alla gastronomia e questo può essere un volano per accrescere i viaggi. Una tendenza destinata a crescere anche in futuro. Investendo nel turismo enogastronomico possiamo ampliare l’offerta e salvaguardare il cibo locale, le sue tradizioni ed i suoi produttori, portando le persone nei territori rurali più interni e favorendone il turismo. Anche la digitalizzazione è importante, nel creare per esempio reti locali di e-commerce e facendo dei turisti anche dei consumatori da casa propria, ma anche per le degustazioni virtuali che sono un modo per accrescere la consapevolezza su un cibo o su un vino”. Ma lontano dal turismo di massa: “in passato con il turismo di massa si è diffuso anche il “cibo per turisti”, ma con la “gastromania” dell’ultimo decennio siamo più consapevoli dell’importanza del cibo locale. E sarà proprio questo a cambiare la massificazione dei ristoranti”.
Una consapevolezza che deve arrivare anche dal mondo dell’industria alimentare. “Sta aumentando sia sulla sostenibilità sia sul ruolo dell’agricoltura a livello globale e locale. Come scienziato ed imprenditore – ha sottolineato Andrea Illy, presidente Illycaffè che nei tanti Paesi in cui è presente pratica la sostenibilità – sono impegnato nella creazione di un quadro di riferimento: l’“agricoltura virtuosa”, con un doppio beneficio per l’ambiente e la salute. Fattore chiave è l’arricchimento di carbonio nel suolo, che permette di recuperare la composizione originale del terreno, migliorandone la sua salute e quella dell’uomo, grazie al macrobiota alimentato dal carbonio che stimola difesa delle piante dai patogeni contro l’uso di pesticidi e la resilienza ai cambiamenti climatici. Un modello. Paradossalmente oggi l’agricoltura è responsabile del 25% delle emissioni di gas serra, ma potrebbe diventare carbon negative, ed eliminando l’uso dei combustibili fossili diminuiremmo la carbon footprint del 17%. Altro obbiettivo è ridurre lo spreco, ma dobbiamo anche garantire la produzione e per riuscirci con l’enorme quantità di terreni che sfruttiamo dovremmo ad esempio diminuire la produzione ed il consumo di alcuni tipi di carne. Senza dimenticare il packaging che deve essere 100% riciclato e biodegradabile, per passare ad una società che estrae meno risorse dall’ecosistema garantendo un’economia circolare”.
Il tutto concorre alla salvaguardia della vera ricchezza del pianeta: la biodiversità. Dovremmo essere più attenti anche alla distribuzione del cibo. “Esistono molte tecniche oggi per produrre senza inquinare la terra anche in Italia – ha ricordato chef Bowerman – ma come “Ambasciatori del gusto” insegniamo anche alle persone ad usare prodotti che sono stati dimenticati. La logistica è altrettanto importante, e dobbiamo far leva sui Governi perché si occupino di migliorarla specie in questo momento. La distanza tra Roma e Milano, e tra Roma e Lecce è la stessa, ma per percorrere quest’ultima si impiega il doppio, e i produttori del Sud Italia finiscono per eliminare ciò che si deteriora prima e, per esempio, smettono di produrre pomodori che invece il Nord Italia acquista dal Nord Europa ed arrivano prima, a favore di prodotti più redditizi. Chi avrebbe mai detto che siamo tra i principali produttori di kiwi? La soluzione è far capire alla gente che bello non è sinonimo di buono e trovare ricette per riciclare i nostri pomodori. La biodiversità deve esistere perché non è solo il nostro nutrimento ma anche la nostra cultura”.
La parola d’ordine è consapevolezza. Ma anche azione, come quella messa in campo dalle aziende puntando sulla sostenibilità ma anche ai profitti. “I consumatori – ha concluso Illy – scelgono sempre più basandosi sul profilo di un marchio, e quindi i comportamenti responsabili aumentano i profitti e la redditività riducendo i rischi che derivano dal non essere sostenibili. Essere sostenibili è vantaggioso anche dal punto di vista finanziario. Ma la motivazione etica è la più importante, d’altronde quale è lo scopo di un’azienda? Migliorare la qualità della vita, e i modelli di profitto sono un mezzo per investire per creare un futuro migliore. C’è bisogno di una transizione dalla società estrattiva ad una rigeneratrice, che includa tutti i sistemi biologici, salvaguardi una vita n buona salute, preservi e recuperi ciò che è stato distrutto in passato, in agricoltura, nell’ambiente, nei mari, nelle città, nelle industrie perché siano sostenibili e garantiscano una migliore qualità della vita. I costi per sostenerla? Con il Green Deal e il Future Generation Plan la sola Europa ha stanziato oltre mille miliardi. Fonte: WineNews, 04.02.2021