Dalla Valle Po alla Val Polcevera le cooperative di comunità creano nuova cittadinanza e favoriscono la rinascita economica e culturale dei territori. Processo agevolato dallo smartworking
A Ostana il processo di riqualificazione del paese è iniziato negli anni 80 quando erano rimasti solo 5 abitanti
Le stradine strette e ripide, le case in pietra, le montagne innevate sullo sfondo: il borgo ripreso da Giorgio Diritti ne Il vento fa il suo giro è in Valle Maira. Ma il regista narra una vicenda realmente accaduta a Ostana, nella vicina Valle Po dove lui ha casa da tempo. E dove ha messo radici la sua scuola di cinema. Lui è uno dei tanti amanti del piccolo paese piemontese che quest’estate si è affollato di persone in cerca di vacanze distanziate per via dell’emergenza Covid.
Eppure, il paese era già pronto a questo momento e oggi può rappresentare un nuovo paradigma dell’equilibrio tra città e montagna, offrendo la qualità della vita di un luogo raccolto e la densità di relazioni dell’urbanità. Un modello di abitare che in questo 2020 di pandemia molti ricercano, spinti dalla necessità dell’isolamento e dello smart working. Ma come fare in modo che il modello Ostana diventi un’alternativa davvero appetibile ben oltre l’emergenza, per tutte quelle persone che possono e vogliono riabitare i territori vasta fuori dalle grandi aree metropolitane? E come attrarre tutte quelle persone che, ben prima di Covid19, erano già alla ricerca di una diversa qualità della vita e di modelli più sostenibili?
A Ostana il processo è iniziato a metà anni 80 quando il paese aveva raggiunto il minimo storico di cinque abitanti e un’amministrazione comunale attenta decise di investire in infrastrutture e collegamenti. Via via il paesino piemontese è riuscito a riattrarre persone e i residenti ora sono una novantina. «Il nostro obiettivo è far crescere il paese in modo sostenibile» racconta Enrica Alberti, presidente della neonata cooperativa di comunità Viso a Viso. I nove soci fondatori vengono da fuori e si sono ritrovati legati dal desiderio di mettere assieme risorse e capacità per gestire alcune strutture del paese (un bar, un centro polifunzionale, un centro benessere, una foresteria) e promuoverlo come meta di residenza e di turismo lento. Ostana negli anni è diventata il crocevia di persone e relazioni che vanno oltre i limiti geografici, divenendo sede del festival sulla biodiversità linguistica, laboratori sull’architettura alpina, manifestazioni di cultura occitana.
Le cooperative di comunità, seppure siano ancora un fenomeno di nicchia, contribuiscono quindi alla rinascita economica e culturale di quella parte del Paese che la politica definisce – con la Strategia nazionale messa a punto dall’ex Ministro Fabrizio Barca – le «aree interne», luoghi che occupano il 60% della superficie del territorio nazionale, il 52% dei Comuni e il 22% della popolazione. Si tratta di aree carenti di trasporti pubblici, lontane dai servizi sanitari e spesso anche dalle scuole. Come è possibile dunque che tornino a popolarsi di nuovi abitanti? I territori qualcosa stanno sperimentando ascoltando i bisogni e trovando le soluzioni giuste partendo dal basso.
Nelle Valli Grana e Maira, dove i paesi più lontani distano fino a 40 chilometri da Cuneo, il trasporto pubblico locale è limitato. Così dai sindaci delle Unioni dei Comuni è giunta una soluzione per far fronte alle richieste di mobilità degli anziani e delle fasce più deboli della popolazione. Si tratta di una sorta di car pooling aziendale, dove – in questo caso – l’azienda è il territorio. I Comuni darebbero una sorta di indennità di reperibilità a persone che si rendono disponibili ad accompagnare concittadini con la propria auto o con auto del Comune. I passeggeri pagherebbero un rimborso spese per il viaggio, esattamente come funziona per chi utilizza il sito BlaBlaCar. In Liguria invece il processo è iniziato da un piccolo e unico negozio di alimentari di Serra Riccò, paese sede del Comune che raggruppa 8 frazioni nell’alta Val Polcevera. La cooperativa di comunità Borghi Sparsi nata a fine maggio ha preso in gestione il negozio puntando sulle produzioni di ortofrutta a chilometro zero, con ordini che arrivano anche da Genova. Non solo. «Si sta lavorando affinché i proprietari di piccoli terreni abbandonati conferiscano i loro appezzamenti alla cooperativa – spiega Anna Manca, dirigente di Confcooperative Genova – che li rimette a coltura sia direttamente sia con gli agricoltori locali. In questo modo si ha una produzione di qualità, si crea lavoro e si tutela il nostro territorio così fragile dal punto di vista idrogeologico». In Liguria i Comuni coinvolti nella strategia nazionale aree interne sono 48 per una popolazione di oltre 54.800 abitanti, mentre in Piemonte a fronte di 94 Comuni si sfiorano i 120mila abitanti. Fonte: Il Sole 24 ORE, Alessia Maccaferri, 12.12.2020