Per Slow Food, l’agroecologia è la chiave per realizzare la transizione necessaria verso sistemi alimentari sostenibili. Un aspetto fondamentale che dovrebbe essere al centro della Politica Agricola Comune post 2022. Bisogna prestare più ascolto ai piccoli agricoltori e tutelare l’ambiente. Partendo dall’humus
Poco più di un mese fa il Parlamento europeo ha presentato i punti chiave della riforma sulla Politica agricola comune (Pac), che rappresenta circa il 35% del bilancio dell’Unione europea. Ma cittadinanza e organizzazioni ambientaliste si chiedono se queste strategie saranno all’altezza delle ambizioni ambientali e sociali del Green Deal europeo.
Per tenere alta l’attenzione sul tema della sostenibilità agroalimentare l’associazione internazionale no profit Slow Food ha organizzato il panel “Politica agricola comune: mantenere alta l’ambizione dell’Europa” in cui si è parlato molto di agroecologia. Che non è semplicemente una tecnica agricola bensì «una visione olistica del sistema alimentare», suggerisce Marta Messa, Direttrice di Slow Food Europe.
Secondo l’approccio agroecologico, infatti, il modo di coltivare è orientato al mantenimento della complessità dell’ambiente e delle relative interazioni ecosistemiche. Si tratta di un movimento che salvaguarda la biodiversità, la fertilità dei suoli, rispetta i saperi tradizionali adattandoli alle condizioni locali e contribuisce a costruire modelli alimentari equi e sostenibili. E forse il modo migliore per realizzare la transizione necessaria verso sistemi alimentari sostenibili.
Durante il panel virtuale del 24 novembre si sono confrontati rappresentanti della Commissione europea, dei ministeri dell’Agricoltura di Germania e Italia, ed esperti di sviluppo sostenibile. Ma anche agricoltori di Slow Food come Amadé Billesberger, l’agricoltore tedesco noto come “Mowgli”, che sta dedicando la sua vita alle coltivazioni biologiche, a colture a rischio estinzione e alla cura dell’humus. «L’humus, che costituisce i primi 10-15 cm di terra, è essenziale perché è dove vien stoccato il carbonio. Disporre di maggiore humus significa rendere la struttura del suolo migliore e quindi avere meno problemi di erosioni e alluvioni. E fruire di rese maggiori, quindi maggiore disponibilità alimentare, e anche migliore stoccaggio del carbonio, dunque un clima migliore. Quello che noi agricoltori possiamo fare è moltiplicare la quantità di humus. Proprio per questo, il mio auspicio riguardo le politiche agricole europee è che i sussidi vengano collegati alla capacità di rigenerare la qualità del suolo, di avere un suolo sano, ricco di microrganismi. Questo è il punto di partenza di tutto».
Anche Roberta Billitteri, che nel cuore del Parco Nazionale delle Madonie in Sicilia coltiva il fagiolo Badda e il peperone di Polizzi Generosa, entrambi presidi di Slow Food, ha voluto portare la sua testimonianza. Secondo Bilitteri, tutelare la biodiversità significa salvaguardare la memoria del territorio per costruire sviluppo. «Anche i piccoli agricoltori, custodi di biodiversità e di colture, hanno beneficiato di sussidi europei che hanno permesso di acquistare attività e investire in attività ma è fondamentale saperle gestire. Proprio per questo, la Pac non può esaurirsi con la mera erogazione di fondi. Abbiamo bisogno non solo di risorse economiche, ma anche di reti, sinergie, scambi, formazione per poter davvero incentivare lo sviluppo sostenibile promuovendo expertises e competenze».
Secondo Gijs Schilthuis, che alla Commissione europea si occupa della direzione generale dell’Agricoltura e dello sviluppo rurale, «dobbiamo lasciarci ispirare dagli agricoltori perché evidenziano le sfide dell’oggi, come la necessità di proteggere il suolo. Il suolo dovrebbe essere il focus di ogni innovazione». Come suggerisce il politico, si tratta infatti di un ambito su cui non si è legiferato molto a Bruxelles. Proprio per questo il tema, così come la pratica del carbon farming ovvero l’attività di sequestro del carbonio dal terreno che offre molti vantaggi per affrontare la crisi climatica, diventa ora sempre più centrale nei programmi di ricerca europei . «Attualmente – continua Schilthuis – sono oltre 6 milioni i beneficiari delle sovvenzioni agricole europee che vogliono migliorare le condizioni dell’ambiente. Sono fondi che dobbiamo utilizzare per raggiungere gli obiettivi prefissi». Tuttavia, come suggerisce Fabio Pierangeli del Ministero dell’Agricoltura italiano, questi obiettivi possono essere raggiunti solo se le aziende agricole sono in buone condizioni.
In un’ottica di sviluppo sostenibile, gli attori principali, e da tutelare, saranno sempre di più gli agricoltori. «L’agricoltura – sottolinea Francesco Sottile, agronomo, docente e membro del Comitato Esecutivo di Slow Food – è come un mosaico costituito da tante tessere di dimensioni diverse ma tutte con lo stesso valore, tutte necessarie per completarlo. Per dare vita a uno straordinario e completo paesaggio agrario abbiamo bisogno di tutte le tessere, anche e soprattutto dei piccoli agricoltori, che possono fare la differenza. Senza suolo non si può produrre nulla. Anzi, essere senza suolo significa essere senza territorio, senza conoscenza. Proprio per questo, preservare la biodiversità invisibile, deve essere centrale nelle politiche agricole comuni. La base dell’agricoltura è il suolo. Attraverso l’agroecologia vogliamo tutelarlo e riconnettere i territori: un modo per creare continuità e dare sviluppo e futuro alla nostra agricoltura». Fonte: Linkiesta, Riccardo Liguori, 25.11.2020