Una storia che oggi prosegue anche con la nascita delle Comunità, progetto che mette al centro le persone che operano con un impegno comune
Venti anni di impegno, lavoro, passione per allontanare il rischio di estinzione di razze autoctone ma anche di varietà di ortaggi, frutta, pani, formaggi, salumi, dolci. Una salvaguardia che abbraccia antichi mestieri, tecniche di produzione, ambiente, paesaggi, territori e culture. Un impegno che oggi, per la prima volta, consente ai Presìdi Slow Food di potersi costituire in Comunità Slow Food e quindi come gruppo di persone che opera sul territorio con un obiettivo comune e, per i prodotti, di fregiarsi della chiocciola rossa ed essere raccontati attraverso l’etichetta narrante: una operazione di trasparenza per descrivere tecniche di allevamento, coltivazione o trasformazione utilizzate da ogni singolo produttore. I Presìdi Slow Food hanno festeggiato i primi 20 anni di storia, con “Presìdi Aperti” alla presenza di oltre 100 aziende, dal Piemonte alla Sicilia, dall’Emilia Romagna al Lazio, che hanno accolto ieri gli appassionati del cibo “buono, pulito e giusto”.
I Presìdi sono i progetti con cui Slow Food, attraverso la Fondazione per la Biodiversità Onlus, si impegna concretamente a tutelare questi saperi e questi alimenti, “lo strumento più efficace – sottolinea Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus – per difendere, sostenere e sviluppare la biodiversità domestica, cioè non quella delle specie selvatiche bensì di quelle selezionate da agricoltura e allevamento”.
Oggi i Presìdi Slow Food sono 593, di cui 324 in Italia, mentre i prodotti segnalati sull’Arca del Gusto sono 5.327 di cui 1.000 in Italia, traguardo raggiunto nel 2020. Il successo crescente dei Presìdi è certificato dai numeri: nel Belpaese, nel 2000, i Presìdi erano 90; oggi sono 324. I produttori coinvolti sono passati da 500 a 2.500, alcune produzioni hanno avuto una vera e propria rinascita: è il caso della razza bovina piemontese, dove da 7 gli allevatori sono diventati 62; del pomodoro fiaschetto di Torre Guaceto che è passato da una produzione da 250 a 1.500 quintali o della lenticchia di Ustica la cui produzione in due decenni è aumentata da 2.600 a 9.000 kg e il prezzo da 3 a 12 euro al kg.
“Il bilancio è estremamente positivo – ha spiegato Serena Milano, segretaria generale della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus, neel convegno “20 anni in nome della biodiversità” organizzato presso Nuvola Lavazza a Torino – sono un progetto originale e innovativo che all’inizio sembrava un’utopia e che invece ha funzionato. I dati che oggi dimostrano l’impatto positivo dei Presìdi sono tantissimi: economici, ma anche sociali e ambientali. Uno per tutti: le emissioni generate dalle aziende agricole estensive e di piccola scala dei Presìdi sono inferiori del 30% a quelle di analoghe produzioni convenzionali. In molti casi siamo partiti con pochissimi produttori, spesso anziani, poi si sono aggiunte nuove famiglie, molti giovani che hanno deciso di lavorare in campagna, magari dopo aver conseguito una laurea. Sono nate associazioni, consorzi di produttori orgogliosi del proprio lavoro e che hanno condiviso disciplinari di produzione”.
A proposito del disciplinare di produzione, secondo Francesco Sottile (Slow Food Italia), “è il punto più vicino tra Slow Food e la ricerca scientifica, perché all’interno di quel documento sono contenuti tanti elementi frutto della conoscenza scientifica, dell’innovazione e della consapevolezza dei meccanismi che regolano il rapporto tra produzione e ambiente”. Al convegno hanno partecipato anche dei giovani produttori in rappresentanza della seconda generazione impegnata nei Presìdi. Tutti hanno in comune la volontà di non abbandonare l’azienda che hanno ereditato portando avanti anche alcune idee personali. Da Lorenzo Agatiello, 20 anni, produttore del Presìdio del cardo gobbo di Nizza Monferrato, “mi sono appassionato all’agricoltura e alla vita nei campi quando ero bambino, grazie a mia nonna paterna che fin dagli anni Sessanta ha coltivato il cardo”; agli umbri Lucia e Nicola Ceccarelli che tengono alta la bandiera del vino santo affumicato dell’Alta Valle Tevere: “ci piacerebbe iniziare a produrre vino con metodologie all’avanguardia e anche costruire un frantoio per l’olio”. Il friulano Manuel Gambon, del Presidio Slow Food della pitina, ha cominciato a produrre nel 2016, quando ha aperto con il fratello un laboratorio di lavorazione delle carni. “A casa le abbiamo sempre fatte seguendo la ricetta di mio zio Danilo, che le produce per l’autoconsumo secondo gli insegnamenti di suo padre. Che cos’è il Presidio per me? Una garanzia di qualità e di tradizione. Sono contento che il disciplinare di produzione sia ancora più rigido inserendo l’obbligo di non utilizzare nitriti e nitrati”. Storie genuine di famiglia, perché, come ha ricordato nel suo intervento la giornalista Sveva Sagramola, “dietro un Presidio c’è sempre il racconto di un territorio, storie di persone”. Fonte: WineNews, 19.10.2020