Da alcuni decenni però si è inserita una variabile impazzita: i cambiamenti climatici, il vero nemico delle nostre foreste, che porta incendi e parassiti
L’Italia è sempre più verde, boschi e foreste avanzano inarrestabili e si impossessano delle campagne abbandonate. Lo conferma l’ultima mappatura nazionale condotta dalle autorità italiane e appena resa pubblica nell’ambito della revisione quinquennale del patrimonio forestale mondiale da parte della Fao (il Global Forest Resources Assessment, FRA 2020 per gli addetti ai lavori).
I dati, un’anteprima dell’Inventario nazionale delle foreste che sarà presentato a fine anno, registrano l’andamento della superficie boschiva dal 2015 al 2020. Messi a punto da un gruppo di lavoro formato da Istat, Crea, Carabinieri Forestali e Sisef coordinato dalla Direzione generale Foreste del ministero delle Politiche agricole, confermano il trend di lungo periodo: negli ultimi 5 anni le foreste italiane hanno continuato a espandersi, guadagnando 270mila ettari, qualcosa come l’intera provincia di Modena (+320mila ettari considerando anche le aree boscate, ecosistemi assimilabili alle foreste come la macchia mediterranea). Oggi occupano ben 11,4 milioni di ettari, quasi il 40% della superficie nazionale: 9,6 milioni sono foreste, 1,8 milioni altre aree boscate. L’incremento percentuale nel quinquennio è del 2,9%, negli ultimi trent’anni del 25% e negli ultimi 80 addirittura del 75 per cento.
Mai cosi tante foreste da secoli
Il Sole 24 Ore ha chiesto di commentare il FRA 2020 a Enrico Pompei, responsabile dell’Ufficio politiche forestali nazionali e internazionali del Ministero delle politiche agricole (Mipaaf). «Le foreste italiane – spiega Pompei – occupano un’area molto grande rispetto al passato quando l’agricoltura veniva praticata anche in zone estreme, come nel periodo dell’autarchia. Difficile indicare una data precisa ma penso che dobbiamo tornare indietro di qualche secolo per trovare una superficie così vasta».
Incuranti dell’espansione delle aree urbane, boschi e foreste continuano dunque la loro progressione, sfruttando l’abbandono delle zone montane e dei terreni agricoli. Un fenomeno esploso negli anni del Miracolo Italiano – quando un popolo ancora in buona parte contadino migrò verso le città e le fabbriche – ma non ancora concluso.Il trend vale per tutte le provincie italiane ed europee con la sola eccezione per l’Italia di quella di Bolzano che da tempo finanzia l’agricoltura di montagna e dunque non ha assistito all’abbandono dei terreni.
L’avanzata di boschi e foreste
L’Italia è sempre più verde, boschi e foreste avanzano inarrestabili e si impossessano delle campagne abbandonate. Lo conferma l’ultima mappatura nazionale condotta dalle autorità italiane e appena resa pubblica nell’ambito della revisione quinquennale del patrimonio forestale mondiale da parte della Fao (il Global Forest Resources Assessment, FRA 2020 per gli addetti ai lavori).
I dati, un’anteprima dell’Inventario nazionale delle foreste che sarà presentato a fine anno, registrano l’andamento della superficie boschiva dal 2015 al 2020. Messi a punto da un gruppo di lavoro formato da Istat, Crea, Carabinieri Forestali e Sisef coordinato dalla Direzione generale Foreste del ministero delle Politiche agricole, confermano il trend di lungo periodo: negli ultimi 5 anni le foreste italiane hanno continuato a espandersi, guadagnando 270mila ettari, qualcosa come l’intera provincia di Modena (+320mila ettari considerando anche le aree boscate, ecosistemi assimilabili alle foreste come la macchia mediterranea). Oggi occupano ben 11,4 milioni di ettari, quasi il 40% della superficie nazionale: 9,6 milioni sono foreste, 1,8 milioni altre aree boscate. L’incremento percentuale nel quinquennio è del 2,9%, negli ultimi trent’anni del 25% e negli ultimi 80 addirittura del 75 per cento.
Boschi nuovi, che vanno gestiti
Il nostro patrimonio forestale insomma cresce, è ricco e variegato ma proprio per questa sua complessità va gestito. «I boschi e le foreste cresciuti negli ultimi anni – spiega il dirigente del Mipaaf – sono nuovi, frutto di abbandono, e dunque non soggetti a una gestione diretta, a una conservazione regolare. E poiché sono zone ex agricole e quindi vicine ad aree antropizzate, sono più soggette a incendi. Per questo hanno più che mai bisogno di una gestione forestale sostenibile, vanno governati, non certo lasciati soli».
Foreste italiane ricche di biodiversità
Il 68% delle foreste italiane sono subtropicali (querceti, pini e le altre specie mediterranee), il 32% temperate (soprattutto faggeti e boschi alpini). La specie più diffusa è il faggio con oltre un milione di ettari, seguono i querceti (anch’essi circa un milione di ettari) e l’abete rosso con quasi mezzo milione di ettari. I nostri boschi sono più ricchi di biodiversità rispetto a quelli del Centro Europa e questo li rende più forti. Danno anche un grande contributo all’assorbimento della C02, tanto che grazie alla loro azione l’Italia ha potuto rispettare per anni gli obiettivi del protocollo di Kyoto.
La variabile impazzita del clima
Da alcuni decenni però si è inserita una variabile impazzita: i cambiamenti climatici, il vero nemico delle nostre foreste. Le fortissime ondate di calore degli ultimi anni hanno creato siccità nei boschi e provocato annate terribili per gli incendi come il 2017.Quell’anno, il carbonio assorbito dalle nostre foreste è stato praticamente azzerato dalla CO2 emessa dai devastanti roghi dell’estate.
In tante zone d’Europa la mancanza di acqua fa deperire i boschi e li espone agli attacchi dei parassiti. «Un esempio è il bostrico dell’abete rosso – avverte Pompei -, un coleottero che vive sotto la corteccia delle conifere. Negli ultimi anni ha distrutto migliaia di ettari in Centro Europa e noi temiamo che possa arrivare anche nelle nostre foreste». Altro caso, la tempesta Vaia dell’ottobre 2018: un esempio di distruzione totale di un’intera zona del Nord-Est delle Alpi, una delle più ricche dal punto di vista forestale. L’enorme quantità di materiale a terra che le regioni stanno cercando ancora di ripulire è esposto a incendi e attacchi di parassiti.
Le foreste si spostano
Di fronte a questi pericoli esterni, i nostri alberi cercano di difendersi come possono. «Alcune specie – osserva Pompei – si stanno spostando in latitudine verso Nord e in altitudine in cerca di fresco e umidità. Le piante provano così ad adattarsi al riscaldamento globale. Non dobbiamo pensare ai boschi come a realtà statiche, al contrario sono estremamente dinamici. Il problema è che i cambiamenti climatici sono così veloci che gli ecosistemi faticano a seguirli».
Dalla riforestazione naturale a quella programmata
La crescita delle foreste non può proseguire in eterno per ovvi limiti di spazio. Secondo le previsioni al 2050 che il ministero dell’Ambiente sta elaborando, il trend di crescita naturale dei boschi finirà intorno al 2030. Dove trovare nuovi sbocchi per le foreste?
Urgono piantine
La risposta è nella forestazione programmata, che ha ricevuto una spinta formidabile dalla nuova strategia europea per la biodiversità. In Italia ci sono tanti progetti, come quello di un albero per ogni italiano promosso dalla Comunità Laudato sì dei Frati francescani.Il problema semmai è l’approvvigionamento delle piantine: negli ultimi anni non tutte le Regioni si sono attrezzate per averne a sufficienza e la chiusura del Corpo forestale nel 2016 ha ulteriormente aggravato la situazione. Se si dovesse avviare oggi un progetto nazionale di rimboschimento non avremmo più di 5 milioni di alberi disponibili.
Riforestare le zone intorno alle città
Una volta trovate le piante, bisogna individuare i luoghi più adatti e in un Paese dall’elevato consumo di suolo come l’Italia non è un’impresa facile. «Lo spazio – osserva Pompei – si può trovare nella forestazione urbana e periurbana, progettando e realizzando le cosiddette biocities. È una grande sfida che ci consentirà di piantare milioni di alberi mitigando le ondate di calore nelle zone urbane e che potrebbe creare anche opportunità di lavoro». I progetti si stanno moltiplicando, a cominciare da quelli dell’architetto Stefano Boeri, l’Unione Europea li incoraggia.
«Mai come in questo periodo – conclude Pompei – le foreste sono state così cruciali a livello strategico per l’Unione Europea. Il Green Deal le considera un pilastro. È una occasione irripetibile per proteggerle meglio, per renderle più produttive (l’Italia è infatti uno dei maggiori importatori di legname in Europa) e forti». Fonte: Il Sole 24 Ore, Gabriele Meoni, 27.05.2020