in un mondo dove 815 milioni di persone soffrono la fame. Nella giornata nazionale per la Prevenzione dello spreco alimentare, Ispra pubblica uno studio sul tema
La strada è ancora lunga e i numeri rispecchiano un’assenza di equilibrio. Nella giornata nazionale per la Prevenzione dello spreco alimentare, Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) pubblica uno studio sul tema, da cui emerge come “la principale causa di spreco alimentare è la sovrapproduzione di eccedenze; ad ogni incremento di fabbisogno, corrisponde un aumento maggiore di offerte e consumi, innescando la crescita dello spreco (+3,2% ogni anno). A questo, si associa l’aumento delle disuguaglianze (anche in Italia): nel mondo, 815 milioni di persone soffrono la fame e 2 miliardi la malnutrizione, mentre vi sono quasi 2 miliardi di persone in sovrappeso”. Anche l’Italia non è esclusa da questo fenomeno visto che “per ristabilire condizioni di sicurezza alimentare, gli sprechi complessivi dovrebbero essere ridotti di almeno il 25% degli attuali”.
Cosa da non sottovalutare: lo spreco alimentare genera effetti socio-economici e ambientali molto significativi visto che, spiega ancora Ispra, “ad esso sono infatti associate emissioni di gas-serra per circa 3,3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, pari a oltre il 7% delle emissioni totali (nel 2016 pari a 51.9 miliardi di tonnellate di CO2). Se fosse una nazione, lo spreco alimentare sarebbe al terzo posto dopo Cina e USA nella classifica degli Stati emettitori”. Ispra ha pubblicato il rapporto “Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali” che è frutto di due anni di valutazione e analisi dei più recenti dati scientifici e informazioni della letteratura internazionale. Lo studio dimostra che nel mondo lo spreco sia in aumento. La prevenzione e la riduzione dello spreco di alimenti sono considerate dalle Nazioni Unite e dalle altre istituzioni internazionali tra le principali strade da percorrere per la tutela dell’ambiente e il benessere sociale. Lo spreco alimentare è infatti tra le maggiori cause della crisi ecologica, per l’alterazione dei processi geologici, biologici e fisici, tra cui il ciclo del carbonio, dell’acqua, dell’azoto e del fosforo. Secondo la Fao, circa un terzo del cibo commestibile globale è perso o sprecato. Numeri che fanno male se si considera che, purtroppo, la malnutrizione è un fenomeno che esiste. Il 56% dello spreco si concentra nei paesi industrializzati, il restante 44% nei paesi in via di sviluppo. Ispra spiega che “fermo restando l’attuale livello dello spreco, per soddisfare la crescente domanda di cibo legata alle dinamiche demografiche (10 miliardi di persone entro il 2050), la produzione e la distribuzione di cibo dovrà aumentare del 50%. Questo potrà verificarsi aumentando da un lato la produzione per unità di superficie, dall’altro aumentando la superficie delle aree coltivate a scapito del capitale naturale e dei benefici offerti dalla natura. Di conseguenza, la riduzione dello spreco alimentare è una strategia chiave per ridurre le pressioni sugli habitat naturali e sulle varie componenti dell’ambiente”.
Tra i risultati del Rapporto Ispra, emerge che per garantire la tutela ambientale è urgente puntare su un uso responsabile del consumo di suolo e sull’inversione dell’abbandono di aree rurali, che interessa gran parte dei Paesi industrializzati, nonché alla riconversione della produzione, favorendo l’agroecologia, la scienza che applica i principi dell’ecologia alla pianificazione e gestione dei sistemi agricoli e altri metodi estensivi tra cui l’agricoltura biologica. Fonte: WineNews, 05.02.2019