Regole più severe contro lo scarico in mare, maggiori tasse per le imbarcazioni e lo stop ai contenitori monouso fanno affrontare il nuovo anno con maggiori speranze nella lotta all’inquinamento
Nel mese di dicembre 2018 il Parlamento e il Consiglio europeo hanno approvato due accordi provvisori di direttiva sugli impianti portuali di raccolta dei rifiuti delle navi (Port Reception Facilities, PRF) e sulle plastiche monouso (Single-Use Plastics, SUP). I due testi, che devono essere approvati in via definitiva nel 2019 per un’entrata in vigore nel 2021, contengono importanti passi avanti per la riduzione della produzione di rifiuti plastici e la lotta all’inquinamento da plastica in mare.
“Le bozze di direttive PRF e SUP si inseriscono nell’ambito della Strategia europea sulla plastica nell’economia circolare approvata all’inizio di quest’anno in risposta alla decisione della Cina di vietare le importazioni di rifiuti plastici a partire dal 1 Gennaio 2018” dice a National Geographic Ilaria Tani, avvocato e professore a contratto presso l’Università di Milano-Bicocca, esperta di Diritto Internazionale del Mare.
Nel 2016 la Cina comprava e riciclava i due terzi dei rifiuti plastici mondiali, e l’Europa, secondo produttore mondiale di plastica con 64,4 milioni di tonnellate prodotti nel 2017 di cui solo un quarto è riciclato, era uno dei più grandi esportatori a livello globale. “La decisione della Cina ha avuto impatti globali ed ha costretto l’Europa ad attivarsi per la riduzione e gestione dei suoi rifiuti plastici”, prosegue la ricercatrice.
Migliorare la gestione dei rifiuti delle navi e nei porti
Un terzo dell’inquinamento marino da plastica in Europa proviene dalle navi e la direttiva PRF si pone a complemento ed integrazione della MARPOL, la Convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi, il principale strumento vincolante dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO), che si occupa dei rifiuti in mare.
“L’allegato V della MARPOL vieta espressamente ogni scarico di rifiuti plastici in mare, prevede delle linee guida per la riduzione della produzione di rifiuti plastici e impone di tenere a bordo dei registri sulla gestione dei rifiuti” dice Ilaria Tani. “Gli Stati che hanno adottato l’allegato V dovrebbero sanzionare gli armatori e gli operatori che non seguono queste linee guida. Purtroppo la maggior parte degli Stati non ha introdotto misure sanzionatorie e non c’è alcuna garanzia che le informazioni inserite nei registri siano veritiere“.
Per far fronte alla mancanza di un meccanismo di applicazione efficace della MARPOL, la proposta di direttiva PRF avanzata dalla Commissione europea prevedeva di introdurre nella legislazione europea i concetti principali e le obbligazioni della MARPOL al fine di rendere effettiva la loro applicazione tramite il sistema legale europeo.
Non tutte le proposte avanzate dalla Commissione sono state approvate, ma “il testo provvisorio negoziato tra il Parlamento e il Consiglio il 13 dicembre 2018 è un passo avanti significativo” dice Tim Gabriel, Senior Lawyer presso Environmental Investigation Agency, una no-profit che fa parte del movimento internazionale Break Free From Plastic e della coalizione di associazioni europee Rethink Plastic Alliance che ha fornito input alla Commissione per la redazione della proposta di direttiva.
Scoraggiare lo scarico di rifiuti in mare
Tra le nuove misure adottate nel testo provvisorio c’è l’introduzione di una tassa indiretta per i rifiuti da applicare a tutte le imbarcazioni, inclusi pescherecci e navi da diporto che contribuiscono rispettivamente al 30% e al 19% dell’inquinamento da plastica proveniente da attività marittime, le quali dovranno consegnare tutti i loro rifiuti ai porti a un costo fisso in relazione alla stazza dell’imbarcazione stessa.
“Questa tassa indiretta è stata ferocemente opposta dalla European Sea Port Organisation (ESPO) e da grandi porti come Rotterdam e Amsterdam che volevano che i costi fossero calcolati in base al peso o al volume dei rifiuti effettivamente conferiti ai porti” dice Tim Gabriel. “Ma questa tassa indiretta serve per evitare che le imbarcazioni, come troppo spesso succede, scarichino i rifiuti in mare per evitare costi aggiuntivi nei porti“.
Il testo prevede inoltre l’obbligo di raccogliere e portare a terra i rifiuti plastici raccolti passivamente durante le attività di pesca (il cosiddetto fishing-for-litter), che dovranno essere conferiti nei porti senza pagare costi aggiuntivi.
Più controlli e tariffe ridotte per le “navi verdi”
Gli Stati membri dovranno inoltre aumentare il numero d’ispezioni delle navi e tutti i porti dell’Unione Europea, inclusi quelli più piccoli e quelli turistici, dovranno migliorare la loro capacità di ricezione e trattamento dei rifiuti, istituire la raccolta differenziata dei rifiuti, e applicare le stesse condizioni. I porti dovranno inoltre praticare tariffe ridotte per le imbarcazioni che dimostreranno di eseguire una gestione sostenibile dei rifiuti a bordo, le cosiddette navi verdi.
Due emendamenti che prevedevano il divieto e la criminalizzazione dello scarico di plastica in mare e l’eliminazione di un’eccezione per le perdite accidentali di attrezzi da pesca in mare non sono passati perché il Consiglio europeo si è opposto. La Commissione ha però espresso intenzione formale di proporre queste misure come modificazione della direttiva 2005/35 relativa all’inquinamento provocato da navi.
Rethink Plastic Alliance aveva presentato anche degli emendamenti sugli attrezzi da pesca, che rappresentano oltre il 15% dei rifiuti marini, per includere la promozione del design circolare, la Responsabilità Estesa del Produttore e schemi di deposito dei rifiuti (Deposit Refund Scheme, DRS). Questi emendamenti non sono stati accolti nella bozza di direttiva PRF ma le prime due proposte sono state accolte nell’ambito della negoziazione sulla direttiva SUP.
No ai più comuni tipi di plastica monouso
Solo il 30% dei rifiuti prodotti in Europa sono riciclati. Il resto finisce in discariche o nell’ambiente, o è incenerito. Per ridurre drasticamente la produzione di questi rifiuti, l’accordo di direttiva SUP sulla plastica monouso prevede il divieto di produzione, su tutto il territorio comunitario e dal 2021, di piatti, posate, cotton fioc, cannucce, bastoncini per bevande, plastica oxodegradabile e contenitori per alimenti in polistirene espanso.
Il testo negoziato dal trilogo (Parlamento, Consiglio e Commissione) e su cui è stato raggiunto un accordo provvisorio il 19 dicembre 2018 rafforza il principio della Responsabilità Estesa del Produttore (REP), che diventerà un obbligo dal 2021, e non dal 2024 come proposto dal Consiglio, e includerà i costi di gestione dei rifiuti e i costi di pulizia e sensibilizzazione per i prodotti in plastica monouso, inclusi anche i filtri di sigarette di plastica (ne sono prodotti 580 miliardi all’anno in Europa e sono uno dei rifiuti plastici più diffusi) e gli attrezzi da pesca.
Rafforzamento della Responsabilità Estesa del Produttore
Il principio della REP è già incluso nelle leggi di diversi paesi dell’Unione Europea e per diversi tipi di prodotti, inclusi alcuni imballaggi, ma per alcuni osservatori questi costi sono troppo bassi. “È molto difficile mettere un prezzo all’inquinamento da plastica. Per esempio è quasi impossibile stimare il costo della morte di uccelli marini e mammiferi o quantificare gli impatti di questo inquinamento sugli oceani e sul loro ruolo nel regolare il clima” dice a National Geographic Justine Maillot, EU affairs project officer a Surfrider Foundation Europe, un’altra associazione che lavora con Break Free From Plastic e Rethink Plastic Alliance. “Inoltre non siamo ancora capaci di stimare l’impatto dell’inquinamento da plastica sulla salute umana” continua Justine Maillot. “È per questo che l’obiettivo finale della REP dovrebbe essere quello di incentivare i produttori a cambiare il design dei loro prodotti per renderli più durevoli, riutilizzabili o almeno riciclabili, e senza sostanze tossiche.”
Niente etichettatura dei prodotti tossici e ritardo nell’applicazione di alcune misure
Durante le negoziazioni della direttiva SUP il Parlamento Europeo aveva proposto l’inclusione dell’obbligo di etichettatura per i prodotti chimici pericolosi associati alle plastiche. “Questa proposta è stata rigettata dal Consiglio, sotto la pressione di un’ampia gamma d’industrie (chimiche e di produzione di beni di consumo su larga scala)” dice Justine Maillot. In generale c’è una forte opposizione da parte dell’industria per aumentare la trasparenza sulle sostanze pericolose utilizzate nei prodotti.
Il testo approvato non include obiettivi quantitativi di riduzione per contenitori per alimenti e bicchieri di plastica, ma lascia ai singoli Stati la possibilità di fissare questi obiettivi. I contenitori di bottiglie dovranno avere un tappo attaccato dal 2024, cioè 3 anni più tardi dell’entrata in vigore della direttiva stessa e di quanto proposto dalla Commissione.
La Commissione europea, sostenuta dal Parlamento, aveva proposto una raccolta separata del 90% per le bottiglie di plastica entro il 2025. L’accordo raggiunto prevede però un obiettivo del 77% entro il 2025 e del 90% entro il 2030. Inoltre nel 2030 tutte le bottiglie, non solo quelle in PET, dovranno essere costituite almeno al 30% da materiale riciclato.
“Nonostante il rinvio degli obiettivi di raccolta differenziata è possibile che i paesi raggiungano l’obiettivo del 90% molto prima, soprattutto se mettono in atto un sistema DRF di vuoto a rendere” dice Justine Maillot. “La Lituania per esempio ha ottenuto quasi il 75 % di raccolta separata per i contenitori di bevande entro il primo anno e il 92% in meno di due anni. Dipenderà dalla rapidità con cui gli Stati membri metteranno in atto le misure, ma il vuoto a rendere funziona e funziona rapidamente!”
Richiamo all’importanza di un facile accesso alla giustizia
“Nell’articolo 12 della proposta di direttiva SUP è incluso un chiaro richiamo all’importanza dell’accesso alla giustizia e alla possibilità, non solo per le persone fisiche ma anche per le associazioni, di contestare uno Stato per danno collettivo nel caso in cui le disposizioni della direttiva stessa non siano applicate correttamente” dice Ilaria Tani.
“Già nel 2013 era stato raccomandato agli Stati membri dell’Unione Europea di instaurare dei meccanismi di ricorso collettivo” prosegue l’avvocato. “In Italia non abbiamo un meccanismo giuridico che permette di fare delle class actions, ma la legge di recepimento della direttiva dovrà indicare quali sono i meccanismi di ricorso alla giustizia.” “Quello da plastica è certamente un danno collettivo“. Fonte: Nationale Geographic, Tosca Ballerini, 31.12.2018.