“Troppi soldi troppo in fretta con troppo pochi libri”. In questa frase sintetica e acuta c’è tutto Beppe Rinaldi, grande produttore di Barolo e, perdonateci l’espressione a volte abusata, intellettuale del vino. Quella sua frase, con cui sottolineava l’afflusso improvviso della ricchezza nelle Langhe, non accompagnato adeguatamente dalla crescita culturale, esprimeva la preoccupazione di un uomo profondamente legato alla sua terra, a valori sociali che stanno di fatto scomparendo e/o cambiando nell’odierno mondo del Barolo, fatto sempre più di imprenditori, locali o venuti da fuori, e sempre meno da contadini: un tessuto sociale lacerato che chissà come sarà ricucito.
Sono tanti i ricordi che ci legano a Beppe, a cominciare da un sensazionale Barolo Brunate 1986, annata funestata dalla grandine in molte vigne, non nelle sue: un vino di disarmante facilità di beva eppure classico, tipico e profondo. Beppe ne portò una magnum a casa di amici comuni raccontandolo con semplicità, quasi con noncuranza. Gli incontri con lui, le conversazioni con lui non vertevano mai o quasi sul contenuto del bicchiere ma sul mondo del vino che aveva intorno.
Semplicità e coerenza: l’ultima sua presa di posizione contro l’allargamento della zona del Barolo dimostra come l’anima critica di Beppe fosse sempre all’erta contro l’avidità, contro lo stravolgimento di un mondo contadino travolto dalla “modernità”.
Addio Citrico, siamo certi che Marta e Carlotta, le tue bravissime figlie, sapranno raccogliere un’eredità quanto mai preziosa. Fonte: Slowine, Davide Panzieri, 3.09.2018, foto www.baroloboysthemovie.com