Nonostante la sede austera ed il severo ed enigmatico dipinto dominante sull’aula della Corte d’Assise di Bergamo, i principi del foro, i giudici ed i teste intervenuti durante il processo alla noce amazzonica hanno creato un clima di grande coinvolgimento, stemperato da ottime battute in grado di allietare il pubblico, accorso numeroso a questo evento inserito nel programma della decima edizione di BergamoScienza.
La noce amazzonica, conosciuta anche come noce del Brasile, ha rivestito il ruolo di imputato all’interno di un processo che ha consentito di analizzare e comprendere la complessa e spesso problematica realtà che essa cela, una realtà fatta non solo di lavoro ed opportunità di crescita economica, ma anche di sfruttamento, violenza e depauperamento di risorse naturali.
Accusa e difesa, abilmente interpretate da due veri avvocati, Daniela Rubino (foro di Milano) ed Ettore Tacchini (foro di Bergamo), si sono scontrati sui temi più scottanti, sotto la giuda del Presidente del Tribunale Carlo Casti (governatore di Slow Food Italia) coadiuvato nella gestione della parti dalla Cancelliera “tuttofare” Margherita Antonelli.
I testimoni, incalzati dagli avvocati, hanno chiarito il complesso sistema connesso alla coltivazione, alla raccolta ed alla lavorazione della noce amazzonica e dei prodotti derivati: Pino Ninfa (foto reporter), Valeria Bigliazzi (cooperativa Chico Mendes di Modena), Cristina Peano (professoressa della facoltà di agraria – univ. di Torino – e membro della Fondazione Slow Food per la Biodiversità) e Carlo Modonesi (professore dell’università di Parma – biologia evolutiva e funzionale) hanno trattato particolari aspetti ai più sconosciuti, consentendo alla Corte ed alla Giuria popolare, formata dagli allievi del Liceo Falconi, di giungere ad una decisione finale:
“Nel nome del popolo goloso e sapiente il tribunale ha valutato l’incapacità dell’imputata di intraprendere la scelta della sostenibilità ambientale, culturale ed economica. A motivo di questa opzione gravemente lesiva dei diritti delle comunità del cibo e delle popolazioni amazzoniche la valutazione della Corte è stata fortemente negativa. L’imputata ha mostrato una assidua reiterazione di numerose condotte arrecanti danno a persone e cose con devastazione e abuso di ambienti e risorse naturali. Per questi motivi dichiara l’imputata colpevole quanto ai capi 2 (sottrazione di beni e terreni perpetrando un grande danno all’ambiente) e 3 (delitto di devastazione ambientale) e concesse le attenuanti generiche, condanna l’uomo “dominus” dell’ambiente e affida la noce amazzonica ai servizi sociali per il suo recupero ad una vita sociale corretta con l’eliminazione delle sue predisposizioni allo sfruttamento in modo che possa imboccare la via della sostenibilità.
Condanna altresì la suddetta a trascorre la vita nella colonia penale dell’area forestale di competenza con obbligo per i poteri costituiti di creazione di aree agricole all’interno dei villaggi dei raccoglitori che consentano l’autosussistenza della comunità e la possibilità di far conoscere a tutto il mondo le sue indubbie potenzialità organolettiche, gustative e salutistiche.
Assolve l’imputata al capo 5bis relativo all’agropirateria per la quale non è considerata imputata ma parte lesa.
Le buone pratiche imposte contribuiranno a salvare il nostro pianeta vivente e la Terra Madre”. (Mauri)